Il Rettore fa nominare una Commissione Statuto “addomesticata”. Inizia subito in discesa la via dell’applicazione della riforma Gelmini nell’Ateneo orobico.
La Legge Gelmini sull’Università segna un ulteriore passo avanti con la nomina negli Atenei di tutta Italia delle Commissioni incaricate di revisionare gli Statuti. Nelle città che hanno visto più forte la protesta contro la riforma, il movimento individua nelle Commissioni i veri e propri “esecutori materiali” delle disposizioni della Gelmini e tenta di impedirne i lavori. A Bergamo il Rettore Stefano Paleari agisce indisturbato: nelle sue dichiarazioni alla stampa locale ha buon gioco a spacciare per “processo condiviso di nomina dei membri della Commissione” un elenco di nomi in realtà deciso tutto dall’alto.
Nella Commissione bergamasca che rivedrà la “Carta Costituzionale” dell’Ateneo è di fatto preponderante la componente baronale. Del tutto escluso il “modello Trieste” di elezione dal basso dei rappresentanti, nel rispetto di tutte le componenti dell’Ateneo (inclusi quindi ricercatori, studenti, personale tecnico-amministrativo ed ausiliario). Il Rettore Paleari ottiene così che nessuno tra i protagonisti dei pur timidi episodi di dibattito e mobilitazione messi in campo anche a Bergamo negli ultimi mesi da studenti e ricercatori abbia voce in capitolo nei lavori della Commissione. A Bergamo la commissione vede la partecipazione, oltre al Rettore, di altri otto professori tra ordinari ed associati: Roberto Pertici, Massimo Andreis, Marida Bertocchi, Alessandra Marzola a rappresentare i primi e Stefania Servalli, Simona Mori, Maurizio Sala Chiri e Fabio Scotto per i secondi. Decisamente meno preponderanti le tre componenti che avevano richiesto, invano, di poter eleggere i propri rappresentanti con una consultazione dal basso. La presenza insignificante di queste figure appare così più il frutto di una “gentile concessione” che di una vera consultazione allargata. Ricevono due rappresentanti ciascuno sia i ricercatori (con Viviana Molaschi e Roberto Strada) sia i tecnici amministrativi (con Michela Farina ed Ennio Ferrante). Due anche gli studenti (Laura Pedersoli e Massimiliano Trezzi) in rappresentanza (per “par-condicio”!) rispettivamente di una lista di centro-sinistra e di una lista emanazione di Comunione e Liberazione.
Entro luglio lo Statuto dovrà essere approvato. A seguire dovranno essere riorganizzati i Dipartimenti, all’interno dei quali saranno articolate le vecchie Facoltà. Anche i membri degli Organi centrali – Consiglio di Amministrazione e Senato Accademico – dovranno essere rieletti in vista del nuovo anno accademico. Il tema insomma è troppo delicato perché passi in sordina. Così in molti Atenei si è scatenata una vera e propria ripresa del movimento attorno all’applicazione concreta della Legge da parte delle varie Commissioni Statuto. Trieste riesce a far accettare a Senato Accademico, Rettore e Consiglio di Amministrazione l’elezione dal basso dei componenti della Commissione: è lo “Statuto democratico”. A Bologna e a Pisa gli studenti occupano le sedute di nomina e di insediamento delle Commissioni. Numerosi collettivi studenteschi dichiarano l’illegittimità degli organi voluti dalla Legge Gelmini. Da molte parti l’apertura del Rettore alla partecipazione (naturalmente minoritaria) di studenti, lavoratori e ricercatori è denunciata come un subdolo tentativo di mascherare la Commissione con un velo di rappresentatività e democrazia.
Un gioco abilmente riuscito a Bergamo allo stesso Rettore Paleari. Qui pesa l’assenza del movimento: persino il tentativo di alcuni professori, ricercatori e lavoratori di replicare l’esperienza di Trieste passa nell’indifferenza generale del resto dell’Ateneo. Ancora troppo scarsa insomma la partecipazione e l’attenzione su un tema che rischia di segnare pesantemente il futuro dell’Università di Bergamo. Le Commissioni hanno infatti il compito di dosare gli ingredienti messi a disposizione dalla Legge Gelmini a tutto beneficio dei vertici baronali degli Atenei. Il processo di autonomia degli Atenei avviato negli anni ’90 è portato alle sue estreme conseguenze. A seconda della ricetta che si sceglierà, cambierà il volto anche dell’Università di Bergamo, di pari passo con l’affermarsi di un nuovo sistema di regole e garanzie. Il nuovo Statuto fisserà le regole del gioco: si va dall’accorpamento e la federazione degli Atenei oppure all’ingresso delle Regioni (alla stregua di quanto successo in Campania e Toscana), fino alla trasformazione degli Atenei in Fondazione privata, passando per l’ampliamento dei poteri del Rettore e del Direttore Amministrativo. Praticamente certo l’azzeramento nei Consigli di Amministrazione delle ultime parvenze di rappresentanza fino ad oggi riservate alle componenti numericamente maggioritarie dell’Università (personale amministrativo, studenti, ricercatori): dovranno fare spazio all’ingresso degli investitori privati. Ogni Ateneo dovrà scegliere in definitiva quanto e come spingersi avanti lungo l’autostrada aperta dalla Gelmini nella direzione dell’accentramento dei poteri nelle mani dei vertici baronali e verso l’intromissione dei gruppi della finanza, industria e commercio nella ricerca e nella didattica. Un processo che il Rettore Stefano Paleari ha tutta l’intenzione di favorire, fin dalle sue premesse.
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