Cascina Ponchia e la sagra dei voltagabbana

Bergamo – Era il febbraio del 2014 quando in un acceso consiglio comunale il centro sinistra dava battaglia sulla Cascina Ponchia, scagliandosi contro l’ex sindaco Tentorio. Quella cascina per gli esponenti dell’attuale Giunta Gori era strategica, non poteva essere venduta. L’immobile che il Comune di Bergamo aveva inserito nel piano delle alienazioni, dopo due bandi andati deserti, fu occupato nel dicembre 2013.

Le attività all’interno venivano descritte in questo modo dagli esponenti dell’attuale maggioranza: un’espressione della smart city, un laboratorio di coworking, che finalmente concretizzava le tante teorie che animavano i convegni sulle trasformazioni urbane. I ragazzi della Kascina che si occupano del bene comune e provano a metterci la faccia sono un risultato per tutti secondo Angeloni. Gli oppositori di Tentorio non avevano dubbi nel descrivere un’esperienza che andava valorizzata, con cui bisognava aprire un dialogo per soddisfare le esigenze dei ragazzi.

Tuttavia, è stato sufficiente uscire vincenti dalle urne elettorali nell’estate del 2014 perché il quadro mutasse e le parole dei difensori dell’autogestione svanissero nel nulla. Che la rotta fosse cambiata, lo si è capito nel maggio del 2015, quando la giunta all’unanimità decide di prendere la decisione tutta politica di costituirsi parte civile contro i presunti occupanti dello spazio abbandonato del Comune.  Tutti gli assessori concordano con la delibera proposta dal Vicesindaco Gandi, nonché assessore alla Sicurezza, tranne Marchesi che è assente e Zenoni e Angeloni che non votano perché conoscono personalmente uno degli imputati.

Se fosse vera la motivazione riportata dal Corriere la posizione è sconcertante: Zenoni e Angeloni, se non avessero conosciuto nessuno, avrebbero votato a favore della costituzione di parte civile? I due assessori si fanno influenzare in scelte politiche dalle conoscenze? Se gli altri assessori avessero conosciuto qualcuno dei tre imputati, la delibera non sarebbe quindi passata? Se hai la sfortuna di essere denunciato con gente sconosciuta agli assessori, per te sarà dura? Se Zenoni e Angeloni fossero stati contrari, non potevano votare semplicemente contro? O davvero tutto dipende dalle conoscenze? Magari nei prossimi giorni si capirà di più rispetto alla loro posizione.

Una scelta tutta politica quella della Giunta Gori, dunque, dettata dalla convinzione che l’amministrazione avesse subito un danno di immagine. Il presupposto è che un’amministrazione che tuttora vanta centinaia di alloggi vuoti comprometta la propria immagine non per ignavia e inefficienza nel gestire il patrimonio pubblico di tutti, ma al contrario siano i cittadini che recuperano gli immobili a incrinare la reputazione di chi gestisce la cosa pubblica.

Quindi questo danno d’immagine va quantificato e con esso i mancati guadagni per il Comune. Difficile capire quali introiti ci sarebbero dovuti essere, dato che non è mai stato sviluppato nessun progetto sulla Cascina Ponchia. E’ lo stesso Valesini, assessore all’Urbanistica, ad ammettere che “Ci sono alcune ipotesi, ma al momento stiamo ancora cercando di capire se sono fattibili. Se nel giro di un anno non arriveremo a un punto, sarà rivalutata la vendita“. Colpo di scena: si reintroduce l’ipotesi della alienazione dopo che il centro sinistra si era stracciato le vesti di fronte a Tentorio, colpevole di non rendersi conto del valore strategico della cascina.

Gli avvocati incaricati dal Comune imputano agli “occupanti” un danno di 48.500 euro alla struttura, che nel frattempo è migliorata, per quanto interventi strutturali non siano stati evidentemente realizzati da chi si preoccupato di renderla fruibile al quartiere con iniziative ed eventi.

Tra danni morali, materiali e d’immagine si raggiunge la cifra di 150.000 euro che il Comune di Bergamo pretende da tre ragazzi peraltro totalmente estranei all’invasione degli immobili, come ammesso dagli stessi occupanti di cascina Ponchia: tre giovani fermati all’esterno della cascina che dovrebbero accollarsi il prezzo del cambio di linea politica della Giunta Gori.

Tale operazione è talmente campata in aria che il Comune rischia di scialacquare 7.000 euro di spese legali in un procedimento che verosimilmente si risolverà in un nulla di fatto. Ma in fondo, anche quei 7.000 euro sono pubblici, esattamente come le centinaia di alloggi comunali che restano abbandonati in città.

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