La Foppolo da bere

Foppolo – Forse è dagli anni ’60 che per qualche ragione si è deciso che un paesino delle Orobie dovesse diventare il laboratorio imprenditoriale del turismo bergamasco. Una sorta di “Cortina d’Ampezzo” (come se non ne bastasse già una!), il cui progetto ha deturpato per sempre uno squarcio di valle. Eppure ciò che è avvenuto negli ultimi mesi non è solo il riflesso di queste logiche capitaliste, ma il lato ancor più gretto di frodi, omertà, ricatti. Questa è la storia di come un rogo ha rivelato le più sordide relazioni in seno ad una piccola comunità della val Brembana. Quello che è successo negli ultimi mesi è la sintesi di un fare malavitoso in cui si intrecciano e si spalleggiano sindaci, residenti di comunità montane, mamme con figli in età scolare, grandi industriali come De Benedetti.

Era ancora inizio luglio e faceva un caldo torrido, d’un tratto, una notte gli impianti della seggiovia di Foppolo prendono fuoco. E’ subito chiaro che si tratta di incendio doloso e che è stato qualcuno del posto. Ma nel paese subito le bocche si fanno cucite e le parole centellinate.

La Brembo Super Ski Srl, la società che gestisce gli impianti di risalita del triangolo Foppolo, Carona e Valleve, aveva chiuso la stagione con un pesante passivo e i dipendenti ancora da pagare.

A quattro giorni dai roghi gli operai a tempo indeterminato ricevono una lettera di licenziamento con effetto immediato. Gli altri lavoratori stagionali, quasi una cinquantina, vengono liquidati con poche righe: «Perdurare della grave crisi aziendale, alla mancanza di prospettive future e, non ultimi, i ben noti accadimenti degli ultimi giorni».

L’incendio aveva però dato il via ad una vera e propria corsa contro il tempo per reperire i fondi necessari all’installazione di una cabinovia che, almeno nei piani iniziali, avrebbe dovuto sostituire le seggiovie danneggiate in vista della stagione invernale. Si parla di una cabinovia, quando con una seggiovia sono andati in perdita! Eppure l’impresa è da tentare: da un lato ci sono gli impianti da far ripartire, dall’altro i conti della società da rimettere a posto. Costo delle operazioni: 5 milioni e 187 mila euro senza l’Iva, di cui 2 milioni e mezzo derivanti dal prestito a tasso agevolato di Finlombarda, la finanziaria della Regione Lombardia; altri 2 da privati; 750mila euro a fondo perduto dal Consorzio BIM (Bacino Imbrefero Montano) e 600mila dalla convenzione regionale stipulata nel 2012. Così a Ferragosto sulla scrivania del sindaco, Giuseppe Berera, sono già disponibili quasi 2 milioni di euro. Una cifra spropositata in questo periodo di crisi. Eppure in un batter d’occhio eccola lì. Berera ringrazia la sollecitudine delle istituzioni, gli hanno restituito entusiasmo e si prepara a indire una gara d’appalto. .

Le ruspe si mettono in moto, l’obiettivo è chiudere il cantiere entro l’Immacolata. Ciò non accade, il brutto tempo frena i lavori. Si decide allora di restaurare la seggiovia. Ma non poteva essere fatto subito? Come giustificare l’esborso per la cabinovia, allora?

Ad oggi, sappiamo solo che Berera è indagato sia per quell’incendio e sia per una presunta turbativa d’asta sull’appalto della cabinovia. Insieme a lui sono iscritti nel registro degli indagati il titolare dell’azienda che ha vinto la gara, Sergio Lima della Graffer srl, un’impiegata del Comune (sospettata anche di falso) e un avvocato bresciano legato al circuito societario dell’imprenditore.

C’è poi lo strano fatto della scuola di Carona, che viene chiusa perché il numero di iscritti non è sufficiente. Potrebbe essere un ordinario problema di montagna, se non fosse che sette di questi allievi provengono da Foppolo e Valleve. Le mamme hanno deciso di iscriverli alla scuola di Branzi dopo che il consiglio comunale di Carona ha bocciato un aumento di capitale della Brembo Ski, di cui il Comune fa parte, di 560 mila euro. Non ci sono gli estremi per un’inchiesta, non si può parlare di ritorsione fra paesani, ma qualcosa puzza, odora di marcio. Pochi giorni dopo che il consiglio comunale di Branzi ha deliberato di non rifinanziare l’azienda sciistica, società in cui hanno interessi diverse persone della valle, amici e parenti di quelle stesse mamme, queste decidano di spostare i propri figli in un’altra scuola. Il risultato è che la scuola è chiusa, il sindaco di Branzi ha avuto problemi con la sua stessa maggioranza dopo questo episodio e attualmente il Comune è commissariato.

Infine, il Belmont, un faraonico hotel, una sorta di cattedrale nel deserto. “La migliore delle residenze delle Alpi italiane” si legge nel loro sito “il lusso e la comodità che hai sempre cercato nel Parco naturale delle Orobie a Foppolo“. Avrebbe dovuto essere completato per il 2014, ormai si è a gennaio 2017 e il cantiere è ancora fermo. Un investimento da 13 milioni di euro, che costituisce il 10% del progetto rimasto sulla carta. Un complesso di 28 appartamenti ( nella parte residenziale mancano solo le finiture ) e 35 camere d’albergo, Spa, ristorante, pub, negozi, ski room e 70 posti auto, governato da imprenditori bergamaschi e non solo: la squadra di proprietà fa capo alla Foppolo Risorse, una srl partecipata dal Comune di Foppolo al 23,5% e da Devil Peak, altra società dove il 36,16% fa capo a Nexenti, detenuta al 100% dalla Cir di De Benedetti. Il sogno americano dA trasportare, da impiantare nelle Orobie si è però infranto assieme all’altro grande investimento, il «Villaggio Alpino di Foppolo- Borgo 1630», 150 milioni di investimento complessivo per realizzare 270 appartamenti, 300 camere d’albergo e 1000 posti auto. Per il sindaco Beppe Berera avrebbe dovuto «lanciare in alto Foppolo». Doveva lanciare un turismo d’elite, fatto di russi, inglesi, la “gentry” delle capitali europee che in questa amena località servita da un comodo aeroporto avrebbero trovato sollievo e un buon modo per spendere soldi.

Di questo progetto rimangono invece voci insistenti del fallimento di Foppolo Risorse e lo sfacelo, la rovina, il cadavere di calcestruzzo e cemento a rovinare per sempre la montagna.

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