Bergamo – Il problema dei richiedenti asilo continua a suscitare un ampio dibattito pubblico sul nostro territorio a livello nazionale. Qualche giorno fa, addirittura, il nostro sindaco Giorgio Gori si è recato in Vaticano, con altri suoi 80 colleghi, all’incontro “Europa; i rifugiati sono nostri fratelli” per discutere del problema dell’accoglienza migranti. Gori ha le idee chiare: “O si soccorrono o si abbandonano alla morte. È necessario studiare un nuovo percorso d’integrazione attraverso un sistema d’accoglienza fondato sulla formazione, sul lavoro e sull’utilità sociale”.
Non la pensa allo stesso modo la prefettura di Bergamo che, il 2 settembre 2016, ha disposto un provvedimento per cui una grossa fetta dei richiedenti asilo, accolti nelle strutture del territorio bergamasco, potrebbero finire per strada.
Nel documento si legge chiaramente: “I migranti con provvedimento di rigetto della Commissione (diniego) possono proporre ricorso in Corte d’appello ma perdono il diritto a restare in accoglienza dopo 3 (tre) giorni dalla notifica della decisione del Tribunale”. In poche parole, alcuni di coloro che hanno avviato la procedura della richiesta d’asilo, dovranno lasciare i CAS (centri d’accoglienza straordinaria), cioè le strutture in cui finora sono stati accolti.
Quando un migrante arriva in Italia e avvia la richiesta d’asilo, i passaggi sono fondamentalmente tre. Il primo è di essere ascoltato dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, in cui il migrante spiega le sue ragioni. Il secondo si avvia nel momento in cui le ragioni per l’asilo risultano insufficienti: questo è il primo diniego. Il migrante ha quindi diritto a fare ricorso e anche in questo caso la risposta può essere negativa (secondo diniego). La sua ultima possibilità è ricorrere in Corte d’appello e attendere il verdetto. Finora l’accoglienza nelle strutture era garantita fino alla fine dell’iter, fino cioè alla decisione della corte d’appello.
Ma per la prefettura di Bergamo ora bisogna cambiare; chi ricorre in appello deve subito uscire dalle strutture e ha tre giorni per prepararsi alla totale incertezza. Anche perché queste persone avranno il diritto di rimanere sul suolo italiano, ma non quello di rimanere nelle strutture d’accoglienza: i migranti che usciranno dai centri non sapranno dove andare, anche perché nella circolare della prefettura non ci sono indicazioni a riguardo.
Quante potenzialmente potrebbero essere queste persone? I dati riepilogativi della Prefettura aggiornati all’11 maggio 2016 parlano di un totale di 1518 persone. Ognuna di loro ha avviato la procedura per la richiesta d’asilo in momenti diversi. Non sappiamo ancora quante possano essere le persone che verranno “sfrattate” dai centri.
La decisione della prefettura potrebbe potenzialmente scatenare il caos sul nostro territorio, in particolare in un periodo come questo in cui le temperature calano ogni giorno e non aiutano coloro che non hanno un posto dove dormire. L’interrogativo sul destino di queste persone rimane irrisolto; viene da chiedersi se, chi ha scritto e firmato la circolare, si sia posto questo problema o abbia delegato a un formale “questa è la procedura” la responsabilità umana di questa decisione.