Sgomberi e alienazioni: la ricetta di Tentorio

Bergamo – Un acceso consiglio comunale ha visto ieri sera discutere i consiglieri per più di tre ore. Argomento del contendere è stata la proposta di delibera presentata dal consigliere Di Gregorio di Forza Italia che prevede lo sgombero  della cascina Ponchia occupata a Monterosso. La delibera è stata approvata con 21 voti favorevoli e 14 contrari. Ma l’amministrazione ha dovuto far fronte a numerosissime critiche pervenute sia riguardo alla chiusura nei confronti degli attivisti di cascina Ponchia, sia  in merito alle alienazioni e alle politiche abitative in generale.

La cascina, occupata da quasi due mesi dal Kollettivo Autonomo Popolare, è diventata un luogo di socialità fuori dalle logiche del profitto, in costante relazione con le esigenze del quartiere.

L’intervento del consigliere Marchesi (PD) ha denunciato la mancanza di spazi sociali a Monterosso, e ha sottolineato come siano molte le realtà che ne avrebbero bisogno. Inoltre ha ricordato che la giunta sembra non interessarsi alle questioni legate alla socialità, riducendo l’orario di apertura dello spazio sociale Mafalda a sole 8 ore settimanali. Marchesi ha definito l’alienazione come una soluzione priva di progettualità e cascina Ponchia come l’ultimo spazio comunale per rispondere alle esigenze del quartiere.

Successivamente sono intervenuti il capogruppo della Lega Nord Alberto Ribolla che ha parlato di un centinaio di alloggi comunali vuoti in città (nemmeno la metà del dato reale), e il consigliere di Forza Italia Di Gregorio che ha ricordato che dalle alienazioni si ricaveranno introiti e che il patto di stabilità impone alcune scelte. Di Gregorio ha inoltre detto che il ricavo finanzierà generiche opere pubbliche.

A dare voce ai ragazzi del collettivo, presenti in gran numero in aula insieme a rappresentanti di gruppi che si occupano di diritto alla casa, è stato il consigliere di SEL Amorino, che ha letto il comunicato portato in sala consiliare dai ragazzi. Il comunicato si sofferma su come la cascina sia un bene comune e sottolinea che l’occupazione sta ridando una nuova funzione sociale all’immobile, grazie alle numerose attività che stanno prendendo piede. Durante la lettura si è ricordato anche come le due aste precedenti fossero andate deserte e il consigliere ha suggerito che si potrebbe concedere al collettivo lo spazio in comodato d’uso.

Gli interventi si sono susseguiti, e minoranza e opposizione si sono confrontate con asprezza. Se il centro destra rivendicava l’alienazione come necessaria per esigenze di cassa, il centro sinistra replica che quello spazio è una risorsa strategica per il quartiere.

Se da un lato la giunta insiste compatta sul fatto che lo sgombero deve precedere qualsiasi incontro con i giovani occupanti, dall’altro l’opposizione caldeggia un incontro tra amministrazione e occupanti, che preceda l’eventuale sgombero.

Il centro sinistra infatti auspica una soluzione che responsabilizzi gli occupanti e individui luoghi idonei per proseguire le attività. Infatti le lodi alle attività svolte all’interno della Kascina sono state unanimi. Qualcuno ha osato di più, dicendo che questo è un laboratorio, la realizzazione di un mix abitativo e intergenerazionale: la città ha bisogno di laboratorio concreto come questo e non di aleatori inglesismi troppo di moda come smart-city. La consigliera d’opposizione Tognon ha rinfacciato alla Giunta, che versa in difficoltà economiche, di non aver esitato a sperperare denaro pubblico in altre circostanze, ricordando i 30mila euro spesi per la realizzazione del sito per Bergamo capitale della cultura.

I soldi della vendita di Cascina Ponchia sarebbero destinati in parte a provvedere alla manutenzione straordinaria degli alloggi comunali a canone sociale. Ma tra l’opposizione, che quando era al governo della città nulla ha fatto per sistemarli, lo scetticismo regna sovrano: perché la giunta Tentorio, a tre mesi dalla scadenza del mandato, dovrebbe preoccuparsi degli alloggi che aveva dimenticato per 5 anni? E perché se la preoccupazione per la questione abitativa fosse reale, la stessa giunta ha scelto di vendere 187 alloggi?

Ma tra alibi, propaganda e discorsi elettorali ieri in Consiglio comunale si è registrata semplicemente la diatriba tra due schieramenti politici che si candidano nuovamente a governare questa città fra pochi mesi. Nella concretezza amministrativa le differenze tra i due schieramenti si sono dimostrate ben poca cosa, soprattutto se paragonate alle divergenze emerse ieri in Consiglio. Forse nel centro sinistra sta cambiando qualcosa o forse le elezioni iniziano a essere veramente vicine.

La difficoltà delle forze politiche nel riconoscere forme di aggregazione spontanee si è manifestata anche ieri. L’eterna avversione alle pratiche dell’autogestione si è coniugata con il paternalismo di chi è più preoccupato di fissare vincoli invece di valorizzare esperienze che non hanno bisogno di nient’altro che spazi per svilupparsi. L’elogio per le reti sociali informali stride col contemporaneo invito agli occupanti a formalizzare la loro esistenza in associazione. Soprattutto se questi vincoli vengono imposti sotto il ricatto dello sgombero.

Fatto sta che ieri è stato scelto di cancellare un’esperienza di autogestione all’interno di uno spazio comunale tenuto vuoto da anni da chi ha amministrato questa città. Sono bastati due mesi di attività per rendere evidente a tutti l’inerzia delle istituzioni e le potenzialità che gli spazi potrebbero avere nelle mani di chi non ha alternative.

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