Bergamo – Come ogni anno, si è svolto nella mattinata di ieri il corteo per la festa del 25 aprile, partecipato da migliaia di persone; per le strade di Bergamo si sono viste sfilare insieme le istituzioni locali, tra cui il sindaco con la giunta comunale e l’ANPI di Bergamo, e i moltissimi giovani e lavoratori dei movimenti sociali e studenteschi della città.
La modalità del corteo, questa volta, non è stata uguale a quella degli anni passati: da anni uno spezzone sempre più numeroso sceglieva di proseguire oltre il corteo istituzionale, non come gesto di rottura, ma come volontà di andare oltre, per giungere alla targa in ricordo del partigiano bergamasco Ferruccio Dell’Orto, in via Pignolo. Questa separazione veniva percepita come un limite da molti e perciò quest’anno per la prima volta si è aperto un dialogo tra i movimenti e il Comitato Antifascista, che ha portato ad una inedita manifestazione del 25 aprile: un segnale della volontà di aprire un confronto con un blocco antifascista troppo vasto per poter essere ignorato.
Partendo dalla stazione dei treni, il corteo è arrivato in piazza Vittorio Veneto, dove diversi sono stati gli interventi al microfono: hanno parlato il sindaco Giorgio Gori, il presidente della provincia Matteo Rossi, alcuni partigiani e il giornalista Berizzi, minacciato da alcuni movimenti neofascisti; per la prima volta è stata data la parola sul palco anche a un portavoce della rete antifascista cittadina Aldo dice 26×1, che ha parlato di un antifascismo ben diverso da quello degli interventi precedenti, un antifascismo realmente radicato nel territorio e non più di sola retorica e facciata. Non sono infatti mancate le critiche proprio alla giunta Gori, la stessa che, solo pochi mesi fa, a dicembre, portava avanti la campagna per il referendum costituzionale, difendendo a spada tratta un Sì che avrebbe apportato sostanziose modifiche proprio alla Costituzione. Ancora critiche sono state mosse al decreto Minniti Orlando, che a Bergamo sta di fatto allontanando categoricamente decine e decine di rifugiati dai centri di accoglienza sul territorio, e ai “mini-daspo”, introdotti di recente a Bergamo, riducendo di fatto l’accessibilità di alcune persone, ritenute causa di un poco chiaro “degrado” a determinate zone della città. Dal palco non si è taciuta nemmeno l’agibilità lasciata a gruppi neofascisti come CasaPound o Forza Nuova che, sebbene rimangano isolati per la maggior parte del tempo, riescono a volte a intrufolarsi nelle scuole superiori, con messaggi palesemente razzisti e xenofobi; anzi, prefetta e forze dell’ordine hanno scelto di tutelare la commemorazione repubblichina del 28 maggio scorso, manganellando il presidio di antifascisti a Lovere. Infine, anche il giornalista Berizzi ha ricordato al sindaco Gori la campagna per revocare la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, a cui il sindaco aveva ribadito la volontà che rimanesse “come monito”.
Al termine degli interventi, dopo l’abbattimento di un emblematico muro targato UE, il corteo è passato davanti alla prefettura, ai cui cancelli sono stati appesi dei “fogli di via” alla prefetta, per criticare aspramente le scelte in materia di accoglienza e rifugiati..
Inoltre, durante la manifestazione è stato sottolineato il cambio di nome che alcune vie della città hanno subito nella notte del 24 aprile, per ricordare anche le donne che hanno contribuito alla liberazione del Paese dal regime fascista: non più via dei Partigiani, ma via dei Partigiani e delle Partigiane, con la lista di tutti i nomi delle donne che hanno combattuto durante la Resistenza; non più via Antonio Locatelli e via Gennaro Sora, ma via Adriana Locatelli e via Elisa Forzenigo, partigiane.
Il corteo è , infine, si è concluso, come deciso, davanti alla targa in memoria di Ferruccio dell’Orto, dove l’ex presidente dell’ISREC di Bergamo Angelo Bendotti ha sottolineato la necessità di una memoria viva e priva di retorica, sostenuta da un’attenzione vigile ed un coinvolgimento attivo delle istituzioni nella difesa dei valori antifascisti anche oggi, con azioni concrete.
Insomma, le posizioni espresse durante la giornata sono state variegate se non apertamente in contrapposizione in alcuni passaggi, ma la scommessa di quest’anno è stata proprio questa: si è voluto costruire un 25 aprile in cui (tutte?) le forze antifasciste avessero il diritto di parola. Questa pluralità di voci è stata percepita come una ricchezza o si preferirà tornare al separatismo che ha caratterizzato le manifestazioni dell’ultimo decennio? Lo sapremo solo il prossimo 25 aprile.
(Foto di Neftali Basoalto)