Bergamo – Sono passati ormai 14 mesi dall’inizio di questa pandemia, e ancora molte cose non funzionano. Centinaia di morti ogni giorno, anziani e persone fragili dimenticate dalla campagna vaccinale, migliaia di lavoratori e lavoratrici che non percepiscono reddito o ammortizzatori sociali da mesi, migliaia di persone che hanno perso e stanno perdendo il proprio lavoro. Bergamo, come il resto d’Italia e del mondo, continua a soffrire a causa dell’emergenza sanitaria, e dell’inettitudine delle istituzioni preposte a gestirla.
Ieri ricorreva il 76° anniversario della Liberazione, e non si è potuto celebrare questo momento fondamentale come tutti gli scorsi anni. Le restrizioni imposte per limitare il contagio hanno impedito di poter realizzare il classico corteo, ma i movimenti e le realtà bergamasche si sono date ugualmente appuntamento presso il centro città in Largo Porta Nuova, per poter rendere omaggio a tutte quelle persone che sacrificarono la propria vita per liberare l’Italia dal giogo del nazifascismo.
Dalle ore nove in poi centinaia di persone hanno affollato Porta Nuova, singoli e singole, realtà, movimenti, associazioni si sono riunite per ricordare che l’antifascismo è un valore più che mai attuale, un valore che rappresenta la lotta costante contro i soprusi e le ingiustizie. Durante la mattinata le varie anime che compongono il movimento bergamasco hanno preso parola, dagli spazi sociali, impegnati nelle lotte sui territori, ai giovani e agli studenti e studentesse, dalle realtà femministe a quelle lgbtqi+, realtà partigiane e antirazziste. Infine si è giunti davanti alla targa in ricordo del partigiano Ferruccio dell’Orto, in via Pignolo, dove si sono susseguiti ulteriori interventi al microfono.
Nella giornata di ieri, giornata di Resistenza e ricorrenza antifascista, si è ricordato anche che le ingiustizie e i fascismi contro cui lottare sono ancora molti: in Val di Susa nelle ultime settimane si è innescato di nuovo una macchina repressiva violenta e brutale, attivisti e attiviste del movimento No Tav si trovano sottoposti/e a misure cautelari, una manifestante è stata violentemente ferita da un lacrimogeno, e le forze di polizia continuano a occupare militarmente i territori di quella valle martoriata.
Pochi giorni fa, il 23 aprile, un gommone carico di 130 persone è naufragato nel Mediterraneo: non ci sono stati sopravvissuti. I governi europei e quello libico sapevano della tragedia imminente, ma nessuno è intervenuto per evitare il massacro. Questo 25 aprile è stato vissuto anche nel ricordo di chi non ce l’ha fatta, dei migranti che bussano alle porte dell’Europa.
Il presidio di ieri mattina, nonostante l’emergenza sanitaria e le restrizioni del caso, ha ricordato che solo tenendo viva la memoria e lottando, uniti contro le ingiustizie, come fecero partigiani e partigiane, si potrà davvero realizzare un mondo migliore. Anche in un anno come questo, con un 25 aprile che è stato diverso dagli altri.