Il ministero dell’Interno ha reso noti i dati relativi agli sfratti nel 2015. Il quadro nazionale mostra una diminuzione del 10,44% delle esecuzioni, degli sfratti cioè eseguiti tramite l’intervento dell’ufficiale giudiziario; sembrerebbe delinearsi quindi una generale leggera diminuzione degli sfratti, anche se i dati sono ancora incompleti per quanto riguarda città importanti quali Milano, Bologna, Roma, Napoli, Bari, Palermo.
Intanto, la Lombardia si conferma una delle regioni in cui si sfratta di più (un provvedimento ogni 358 famiglie, 19% del totale). Nella provincia di Bergamo si nota un aumento delle esecuzioni (+12%) e delle richieste di esecuzione (+3%), mentre diminuiscono i “nuovi” provvedimenti emessi dal tribunale nell’arco dell’anno (-27,8 %). Com’è possibile che gli sfratti in provincia siano aumentati nonostante la forte diminuzione dei provvedimenti emessi? Non è possibile dare una risposta univoca, ma ci sono diversi fattori da prendere in considerazione.
Da una parte c’è stata una leggera ripresa del mercato immobiliare degli affitti e delle compravendite, dall’altra però sono aumentate vertiginosamente le esecuzioni forzate (il 12% in più nonostante il calo consistente dei nuovi provvedimenti): un dato dovuto in buona parte al drastico taglio degli aiuti comunali alle famiglie in emergenza abitativa.
Se nei comuni più grandi, in particolare Bergamo, il problema è meno sentito (grazie alla presenza regolare di bandi di assegnazione di case popolari e ai contributi regionali per la morosità incolpevole), nei comuni di provincia la situazione è drammatica. Basta sfogliare le indicazioni che più o meno in ogni ambito provinciale sono state diffuse dai servizi sociali: nella maggior parte dei casi non viene previsto più alcun aiuto concreto per le famiglie in emergenza abitativa, se non in casi estremi come minori con disabilità gravi.
La difficoltà di ottenere una soluzione abitativa stabile e dignitosa e la perdita di opportunità lavorative in diversi settori, in particolare in quello edile, hanno portato a un calo drastico degli stranieri residenti in provincia: per la prima volta dal 1995 oltre 7 mila unità (4 famiglie su 5 sono titolari di un contratto d’affitto) hanno deciso di cercare fortuna altrove.
Ancora più drammatico è il dato degli immobili residenziali soggetti all’asta: i pignoramenti di immobili sono stati oltre mille in provincia e, insieme a Brescia e Venezia, Bergamo rispecchia i valori più alti d’Italia. Finora è sempre stato difficile sfrattare le famiglie indebitatesi per il mancato pagamento del mutuo, poichè la procedura di vendita era relativamente lunga e spesso le aste andavano deserte. Ora con il decreto legge 59/2016 (il cosiddetto “Decreto Banche”), i tempi di vendita si abbreviano di molto (l’intera procedura non dovrà durare più di 6 mesi) e il numero massimo di aste viene ridotto a tre, con possibilità da parte del giudice di stabilirne una quarta, che avrà il potere di diminuire il prezzo base fino alla metà rispetto all’asta precedente. Infine, alla banca creditrice viene data la possibilità di partecipare direttamente alle aste tramite società controllate: qualora la banca acquisti una casa e riesca a rivenderla entro un anno, vengono addirittura abbattute le tasse transitorie.
Di conseguenza, se la riforma, chiamata “Decreto Banche” dovesse concretizzarsi (la norma è retroattiva), nella bergamasca potrebbe configurarsi un’ulteriore emergenza legata alle esecuzioni forzate dovute ai pignoramenti immobiliari: le vendite giudiziarie sarebbero più rapide e sarebbe più facile per gli istituti di credito riassorbire case svalutate e rivenderle a prezzi di mercato.
In questo scenario, i dati riguardanti l’emergenza abitativa delle famiglie sono destinati a peggiorare, causando dunque una vera e propria situazione d’emergenza, soprattutto per il taglio degli aiuti dei servizi sociali.