Bergamo – Dopo l’esperienza del terremoto dell’Aquila, emergono una serie di dubbi sulla gestione dell’emergenza terremotati in Emilia. Ci si chiede quale sia il ruolo della Protezione Civile e come mai sia necessaria la presenza di altre associazioni autogestite che apparentemente svolgono lo stesso ruolo della P.C.
A queste domande ha provato a dare una risposta un volontario delle Brigate di Solidarietà Attiva, un’associazione che attraverso l’auto organizzazione promuove un’idea diversa di aiuto, favorendo un’emancipazione reale e diretta delle popolazioni terremotate. L’associazione raccoglie volontari in tutta Italia, e anche a Bergamo, sono presenti alcuni ragazzi e ragazze che da ormai più di un mese si recano periodicamente nelle zone dell’Emilia per portare aiuti.
Il volontario descrive come sono organizzati i campi di accoglienza e il ruolo determinante della Di.Coma.C. (Direzione di Comando e Controllo), un organo del Dipartimento della Protezione Civile che viene attivato solo se ritenuto essenziale in caso di emergenza nazionale. La Di.Coma.C interviene sul territorio coordinando e controllando tutte le strutture legate alla Protezione Civile presenti in loco.
L’attivista ritiene indispensabile un’organizzazione che controlli i campi di accoglienza dei terremotati, ma critica la Protezione Civile proprio sulla gestione. Infatti il ragazzo afferma che è si sta impnendo una progressiva militarizzazione dei campi, a partire dai braccialetti che gli sfollati sono obbligati ad indossare e che sono differenziati per la popolazione, per i volontari ed per la protezione civile. Così facendo si attiva un processo che mina la partecipazione e la libera scelta da parte dei cittadini che finiscono per essere controllati più che aiutati. Il volontario si spinge oltre, paragonando i campi di accoglienza della Protezione Civile a veri e propri C.I.E. , i centri di identificazione ed espulsione, dove vengono rinchiusi i migranti che sbarcano sulle nostre coste.
Inoltre la Protezione Civile tende ad escludere tutti gli attivisti e le organizzazioni da essa non riconosciuti, probabilmente perchè non rispondono al modello verticistico e militare che la P.C. propone. Infatti le associazioni no profit contribuisco in maniera “orizzontale” all’aiuto dei terremotati, mettendosi a loro disposizione. A differenza di organizzazioni prettamente istituzionali, queste associazioni parlano, discutono e dopo aver ascoltato i veri bisogni delle comunità, decidono insieme a loro cosa fare e come organizzarsi.
La Protezione Civile fornisce sostegno principalmente ai campi che gestisce, isolandoli dal resto del territorio ed erigendo, talvolta, veri e propri muri, reti e transenne. Esistono però anche altri campi non “ufficiali”, come in provincia di Modena, dove sono tante le famiglie che per paura di rientrare in casa dormono in tenda nei parchi dei loro quartieri. Non essendo campi direttamente sotto il controllo della Protezione Civile, i terremotati non ricevono alcun aiuto da essa. Sono proprio queste le situazioni di cui si interessano le organizzazioni come le Brigate di Solidarietà Attiva: a Fossoli (Modena) le BSA gestiscono un campo che accoglie più di 200 sfollati. Gli attivisti hanno creato all’interno del campo alcune strutture, come una lavanderia e una ludoteca, e ora la gestione di tutte le attività, dalle pulizie alla distribuzione dei pasti, sono affidate congiuntamente ai volontari e agli occupanti del campo. In tal modo si è creata una rete di solidarietà popolare alternativa al modello che si vive nei campi “ufficiali”. A Cavezzo (Modena) i volontari gestiscono invece un magazzino di generi alimentari e non, che arrivano dai punti di raccolta che sono stati creati come in tutta Italia, anche a Bergamo. A seconda delle richieste dei cittadini, i volontari fanno la spola tra i paesi limitrofi per portare agli sfollati i generi di cui necessitano e avere la possibilità di ascoltare di persona le loro necessità.
Un’ulteriore criticità è quella che vede alcuni lavoratori emiliani, invitati a riprendere l’attività produttiva, nonostante il grave rischio per la propria sicurezza. Alcuni datori di lavoro stanno infatti facendo firmare dei moduli con cui i lavoratori si assumono ogni responsabilità per eventuali incidenti all’interno dei siti produttivi non sicuri. Al disagio prodotto dal terremoto si aggiunge quindi il ricatto di chi è disposto ad aggirare le leggi pur di garantire una produttività che mette a rischio la vita dei lavoratori.
Anche a Bergamo è partita una rete per raccogliere materiali destinati ai campi. Qui potete trovare il volantino che indica i luoghi dove avviene la raccolta.