Bergamo -L’istituto Mamoli è stato oggi teatro di una massiccia protesta da parte degli studenti e delle studentesse, che si sono mobilitati in seguito alle nuove disposizioni stabilite dalla preside Gambardella, che ha vietato l’uscita dalle classi durante l’intervallo. La decisione è stata presa in seguito all’episodio avvenuto all’istituto Caniana la scorsa settimana, quando proprio durante la pausa di metà mattina alcuni esterni si erano introdotti nell’edificio e avevano picchiato un alunno; in conseguenza di ciò, la preside del Mamoli ha invitato tutte le classi a trascorrere l’intervallo nelle aule, ai fini di un maggiore controllo da parte del corpo docente.
Gli studenti sono però entrati in immediato fermento per un provvedimento che nega loro la possibilità di socializzare con gli amici delle altre classi: si tratta infatti di un divieto calato dall’alto e che come tale è stato respinto al mittente in massa. Il cortile è stato dunque invaso durante l’intervallo da un migliaio di studenti e studentesse, radunatisi dietro all’ eloquente striscione “No scuola carcere”, per ribadire la propria contrarietà a questo provvedimento, imposto tra l’altro senza che i diretti interessati venissero in alcun modo interpellati. L’incontro tra i rappresentanti degli studenti e la preside non ha dato risultati e la mobilitazione proseguirà anche nella giornata di domani.
Lungi dall’essere una novità, il controllo in ambito scolastico sta invece diventando la norma: dall’intervallo in classe (una realtà già in diverse scuole) all’imposizione su dove sedersi in aula, sulla pelle degli studenti e delle studentesse vengono costantemente sperimentate misure oppressive, che garantiscono un controllo maggiore e scandiscono ogni momento della vita scolastica. Di alcuni anni fa è l’introduzione di numerose misure tecnologiche, fortemente limitanti della libertà personale, quali tornelli all’entrata, badge elettronico e telecamere, mentre lo scorso anno si è giunti persino al divieto di fumo nei cortili scolastici, che era stata la miccia di un’altra protesta al Caniana.
La scuola si riconferma dunque un laboratorio di misure di controllo, volto a creare soggetti facilmente condizionabili da parte dell’autorità e dunque più agevolmente sfruttabili nella società.