Cronache dalla quarantena: le testimonianze degli operatori sanitari

Pubblichiamo le testimonianze di due lavoratori presso la struttura della fondazione Carisma, situata a Celadina, Bergamo. Le parole di operatrici e operatori sanitari che non si vedono tutelati sul luogo di lavoro:

 

“Scrivo a nome di operatori e infermiere per far capire che in questo momento noi non siamo dei dementi, ma siamo soltanto lavoratori, in prima linea per combattere contro un nemico silenzioso, il più delle volte invisibile, un nemico per cui quando diventa riconoscibile, per noi, è già tardi. All’inizio di tutta questa situazione non avevamo i DPI; io ero in turno come tutte le altre mie colleghe, a mani quasi nude, a pensare come mettere in isolamento gli ospiti, tra l’altro senza avere alcuna risposta riguardo al fatto che fossero positivi o meno al Covid-19: senza nulla, a fare tutto. L’azienda non avrebbe rispettato le disposizioni  del D.lgs n 81/ 2008, art.18, comma 1, lettera d. che obbliga il datore di lavoro a garantire la sicurezza dei dipendenti e, questi ultimi, a pretenderla.

Più passavano i giorni, più la situazione peggiorava: la stessa mascherina, quando arrivava dalla farmacia, dovevi tenerla per cinque giorni minimo, perché non ce n’erano altre ( invece c’erano, ma chiuse sotto chiave delle referenti, le figure non riconosciute come ruolo principale). Ci siamo ammalati in tanti, tanti di noi hanno perso i familiari all’inizio: non sapendo della positività al virus nella nostra struttura, portavamo a casa tutto. Tante Asa sono ricoverate in ospedale, altre sono in malattia sforzata.  Dopo le consultazioni da parte del personale per spiegarci come utilizzare i DPI (che comunque continuano a mancare) nessuno si è mosso. Ma io mi chiedo: bisogna aspettare che muoia qualcuno per far capire che non siamo eroi? Siamo lavoratori e lavoratrici, con una nostra dignità. Il direttore, oltre ad accogliere un numero di ospiti mai registrato a una velocità enorme, non si è mai interessato allo stato di salute di noi operatori, a come stanno i nostri figli, a cosa vuol dire non poter vedere i genitori che magari sono lontani, in isolamento; non si domanda come possono fare la spesa i colleghi malati, senza avere nemmeno le forze di alzarsi dal letto; nulla di quello che ti farebbe sentire trattato come un essere umano.”

Ecco un’altra testimonianza, proveniente da un lavoratore della stessa struttura:

“Che devo dire! Siamo operatori, siamo esseri umani, abbiamo anche noi una famiglia… stiamo lottando! Ma non siamo tutelati dalla struttura. Non sappiamo se siamo positive.  Non sappiamo se abbiamo già contratto il Covid-19, in forma più leggera. Ma questo alla nostra struttura non interessa. Ci è stato detto di non mettere le mascherine, che avrebbero spaventato l’ospite; poco dopo abbiamo dovuto metterle, le  mascherine, usate per 10 giorni di fila su vari turni. Mascherine non FFP2 FFP3, ma quelle chirurgiche. E anche i camici: “Non dovete buttarli, li devono usare anche i vostri colleghi”.  Questo sarebbe tutelare i propri dipendenti? Abbiamo chiesto di poter fare un tampone, ma non abbiamo ricevuto risposta. Sono solo gran bravi  a riscuotere le rette, ma a tutelare l’ospite e i propri operatori no. Usare gli stessi camici per 5-6 giorni, la stessa mascherina, lavorare in quelle camere di isolamento, se si possono chiamare così… E noi lavoratori sempre zitti, se no al rinnovo del contratto siamo fuori.

Non si sa quanti decessi sono avvenuti? Non viene dichiarato nemmeno questo dato! Tutto viene nascosto, per non intaccare l’apparenza di prestigio della struttura!”

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2 Responses

  1. Fiorenza
    Fiorenza at |

    Io sono una infermiera che lavora in questa azienda, anzi no, sono una referente, meglio nota come “una figura non riconosciuta come ruolo principale” per citare la sig.ra che offende i dementi (e questo la dice lunga sulla sua professionalità!). Sono una referente e non ho mai chiuso mascherine sotto chiave… quindi la scrivente dovrebbe rivolgersi personalmente alla sua referente (se quello che denuncia corrisponde a verità). Certo, all’inizio di questa storia tutti quanti… a partire dai più alti vertici dello stato hanno forse sottovalutato la portata di quello che stava per accadere… (nessuno era pronto e consapevole di ciò che sarebbe accaduto!), ma è altrettanto certo che, l’azienda per cui lavoro, ha messo in atto tutto quanto indicato dalle ordinanze emesse! I DPI scarseggiavano e scarseggiano ovunque e non certo per volere dell’azienda che ha fatto gli ordini che doveva fare! Ma sono stati consegnati quotidianamente (e personalmente dalle referenti) ad ogni singolo operatore! In merito alle accuse alla direzione… beh forse il direttore poteva fare il giro dei dipendenti chiedendo aggiornamenti sullo stato di salute dei parenti, forse poteva fare la spesa per tutti i genitori anziani dei dipendenti ( compreso i miei) … Invece sì è messo una divisa e si messo a disposizione per dare una mano! Io ho apprezzato e i pazienti anche! Quindi… chiunque tu sia, non dire che scrivi a nome dei tuoi colleghi e degli infermieri… A NOME MIO NON PARLI DI CERTO!

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  2. Si84
    Si84 at |

    Non avrei fatto lavorare il personale senza dpi per diversi giorno a contatto con pazienti covid19 ciò ha causato il contagio dello stesso. Ci sono persone ammalate per questo. Le mascherine dopo 8 ore sono da buttare non si tengono una settimana anche se scarseggiano. Senza dpi non si può lavorare rischiando la vita. Questo in tutte le rsa case di riposo.

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