Bergamo – In diretta su Radio Popolare, il 15 dicembre scorso, Giorgio Gori lo ha dichiarato espressamente: il dilagare di espressioni di associazioni dichiaratamente fasciste “non è un tema storicizzato, perché gli esempi di ritorno di forme diverse di propaganda di esplicito carattere fascista o nazifascista sono sotto i nostri occhi, come successo recentemente a Como”. Appare una presa di posizione chiara e decisa, dunque, la sua.
Ma rispetto al tema dell’antifascismo le dichiarazioni di Gori non sono sempre state così nette. Nel settembre del 2015 a Giorgio Gori venne presentata dall’Isrec la raccolta di firme per revocare la cittadinanza bergamasca onoraria a Benito Mussolini, insieme ad altre realtà e movimenti locali, come l’Anpi, i Giovani Democratici, il Comitato Antifascista e la rete cittadina Aldo dice 26×1.
La revoca della cittadinanza onoraria al dittatore italiano è già stata effettuata in diverse città: Crema, Torino, Pisa, Bolzano. Circa un anno dopo il lancio della campagna, nel febbraio del 2016, vennero presentate davanti al sindaco Giorgio Gori ben 1500 firme, tra cui anche quella del presidente della Provincia Matteo Rossi e del vicesindaco Sergio Gandi. Ebbene, in quell’occasione il primo cittadino di Bergamo non ebbe alcuna remora a definire in una lettera inviata all’Eco di Bergamo la cittadinanza onoraria come “un fatto politico ormai storicizzato; se la storia è memoria quegli avvenimenti meritano di essere preservati”.
Sebbene non ci fossero effettivamente i numeri necessari a far passare la mozione tramite raccolta firme, la decisione non venne neanche discussa in consiglio comunale e il “no” di Gori divenne la risposta sovrana della giunta alla richiesta dei firmatari. I cittadini promotori della proposta si presentarono anche in consiglio comunale, proprio per ribadire l’importanza della questione, poco tempo dopo la secca risposta di Gori. Ma niente: il sindaco non cambiò idea.
La faccenda tuttavia non è andata dimenticata nel tempo, tanto che Gori ha dovuto rendersene conto anche a ottobre del 2017, durante un incontro con Emanuele Fiano , autore della legge contro la propaganda fascista, dubbioso nei confronti della risposta negativa data dal sindaco di Bergamo: durante questa occasione Gori giustificò la propria decisione dicendo di voler lasciare la cittadinanza come monito, “prendendo le dovute distanze dalla storia”.
Nel frattempo le associazioni antifasciste cittadine hanno continuato la loro campagna e la raccolta firme continua a essere portata alla luce appena vi è l’occasione, come durante l’incontro avvenuto a dicembre all’interno della scuola Cesare Pesenti, organizzato dall’Isrec, attivo da anni in questo senso negli istituti superiori della città. Qui anche il giornalista Paolo Berizzi, davanti alla consigliera Marzia Marchesi, ha fatto notare la centralità della questione della cittadinanza. La consigliera è subito corsa ai ripari e in quell’occasione, come apprendiamo dalla pagina Facebook del collettivo Aldo dice 26×1, “è stato preso come impegno davanti agli studenti l’attuarsi di una delibera per la cancellazione della cittadinanza onoraria a Mussolini a Bergamo”. Gli studenti e le studentesse del liceo scientifico Natta, durante il percorso effettuato con l’Isrec che ha poi portato alla mostra tenutasi all’ex chiesa della Maddalena la scorsa settimana, hanno anche scovato la delibera con cui il Comune di Bergamo diede, nel 1924, la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini: chissà se il monito di cui Gori parla può essere la “testimonianza di gratitudine dell’anima della Patria”?
La giunta e il sindaco Gori, dunque, sembrano convinti che le vesti dell’antifascista possano essere indossate e spogliate secondo l’occasione: dopo l’ultima intervista a Radio Popolare, viene abbastanza spontaneo chiedersi se una così spiccata attenzione a questo tema sia reale o fittizia, frutto di un neanche troppo elaborato piano per promuovere la propria figura alle elezioni regionali.