Bergamo – Anche a Bergamo e provincia una donna su cinque è vittima di maltrattamenti all’interno delle mura di casa, e la violenza purtroppo non cala. Lo dicono i numeri dell’associazione Aiuto Donna, il centro antiviolenza cittadino che nei giorni scorsi ha presentato alla stampa il bilancio dell’attività 2011.
Le richieste d’aiuto arrivate al centro l’anno scorso sono state complessivamente 184. Di queste 147 sono arrivate da parte di donne che hanno figli, che vivono perciò situazioni di violenza in cui a subire sono anche minori. In 113 dei 184 casi si tratta di violenze che si verificano all’interno del matrimonio, vale a dire che è il marito a picchiare, violentare, insultare o minacciare la moglie. Sono invece 20 i casi registrati di stalking, perciò di persecuzione, quasi tutti da attribuire a ex partner, perciò mariti o conviventi, che non accettano di essere lasciati.
Per quanto riguarda la tipologia di maltrattamenti che le donne hanno denunciato in 116 casi si può parlare di percosse, in 133 di violenza psicologica (minacce e ricatti), in 65 di violenza economica (ricatti sulla base dei soldi, “tagli di fondi” immotivati), in 17 di violenza sessuale e in ben 19 casi di maltrattamenti che coinvolgono in modo diretto anche i figli. In molte situazioni, si deduce dai dati, c’è una compresenza di diverse forme di violenza.
Delle 184 donne che si sono rivolte ad Aiuto Donna 92 sono italiane, mentre il restante 50% sono straniere (per la maggior parte con documenti regolari) che però nel 60% dei casi sono sposate o convivono con uomini italiani. La violenza non ha perciò nazionalità e anche dal punto di vista delle condizioni economiche e dell’estrazione sociale si può senza dubbio affermare che il maltrattamento da parte degli uomini “non ha classe sociale”: si verifica senza distinzioni tra operai, impiegati, dirigenti, artigiani e commercianti, professionisti, disoccupati.
“La violenza non accenna a diminuire – dice Oliana Maccarini, presidente di Aiuto Donna – i dati del 2011 sono di poco inferiori a quelli che abbiamo registrato negli anni precedenti. C’è un elemento che però ci preoccupa, dall’inizio del 2012 ad oggi ci sono già arrivate quasi 60 richieste d’aiuto”.
Anche Bergamo rispetta le statistiche nazionali dell’Istat, secondo cui la violenza maschile colpisce almeno una donna su cinque e delle donne vittime di violenza solo il 10% trova il coraggio di denunciare. In 9 casi su 10, inoltre, la violenza si consuma all’interno dei rapporti di coppia o delle mura domestiche, solo in un caso su 10 è opera di sconosciuti.
“Su questo non si può evitare una lettura sociale e culturale del fenomeno. – spiega Sara Modora, coordinatrice del centro antiviolenza – La violenza nei confronti delle donne è diffusa nella nostra società, lo vediamo anche quando interveniamo all’interno delle scuole, dove spessissimo le ragazzine ci raccontano di fidanzati che non le lasciano uscire da sole con le amiche. Certo in questi casi non si parla ancora di botte ma un atteggiamento di questo tipo da parte dei ragazzi maschi non è certo promettente: non è amore, è controllo sulla vita delle donne”.
Un tema delicato è quello dei finanziamenti che vengono destinati a chi cerca di combattere la violenza. “Non ci sono fondi. – ha affermato Oliana Maccarini – I tagli hanno colpito così duro che ormai sono tantissime le donne in pericolo che non vengono inserite nelle comunità protette perché mancano i soldi. E la crisi non fa che peggiorare la situazione, perché allo scarso impegno finanziario da parte delle istituzioni si aggiunge anche la fatica che le donne fanno a rendersi autonome economicamente. Come fa una donna a lasciare casa e marito, portandosi dietro anche i bambini, se non riesce a trovare lavoro?”.
La Lombardia è, insieme alla Basilicata, l’unica regione italiana priva di una legge per combattere la violenza contro le donne. In occasione dell’8 marzo il centro antiviolenza bergamasco, insieme a quelli di tutta la regione, manifesterà a Milano per chiedere che il Consiglio regionale approvi finalmente una normativa capace di sostenere le realtà che accolgono e accompagnano le donne che decidono di liberarsi dai maltrattamenti maschili.
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