Bergamo– Sono partiti anche da Bergamo, per partecipare alla protesta a Roma nella giornata di ieri, i docenti con diploma magistrale che, inseriti da anni nelle graduatorie ad esaurimento e in procinto di ottenere il ruolo (o, per alcuni, già ottenuto), si sono visti negare la validità del diploma come titolo sufficiente per l’assunzione a tempo indeterminato.
La vicenda, come sempre nel mondo della scuola, è complessa e presenta risvolti burocratici e giuridici intricati, anche per gli addetti ai lavori; il reclutamento dei docenti avviene infatti sulla base di tre graduatorie: quella di merito (destinata ai vincitori di concorso, con laurea ed abilitazione), quella ad esaurimento (detta anche GAE, in cui sono iscritti da anni i docenti provvisti di abilitazione all’insegnamento e almeno 360 giorni di servizio prestati entro il 2004, su base provinciale, e che è bloccata dal 2008) e quella di istituto (utilizzata per le supplenze, per cui il titolo d’accesso è la laurea in Scienze della formazione primaria per chi si è immatricolato dopo il 2008 e il diploma magistrale conseguito prima dell’anno scolastico 2001/2002). Per l’assunzione a tempo indeterminato, la Buona Scuola prevede che in ogni provincia i posti vengano assegnati per il 50% dalle graduatorie di merito e per l’altra metà dalle GAE.
I docenti con diploma magistrale pre 2001 (che da quell’anno non ha più validità per l’accesso alle GAE perché sostituito dalla laurea in Scienze della formazione primaria) hanno vinto negli anni diversi ricorsi, per essere inseriti nelle GAE ed ottenere il ruolo, in virtù del titolo e degli anni di servizio come supplenti. In attesa di sentenza definitiva, tuttavia, l’inserimento in GAE e in alcuni casi anche il ruolo erano stati ottenuti con riserva (che impediva loro anche l’accesso ai concorsi, in quanto già “di ruolo”). A Bergamo già da quest’estate erano però arrivati i primi colpi: in seguito a sentenza del tribunale del lavoro, infatti, ben 272 docenti inseriti in GAE con riserva erano stati depennati e poi rimessi al loro posto in virtù di ordinanze cautelari emesse dal Tar, poiché gli stessi docenti in contemporanea avevano presentato ricorso alla giustizia amministrativa. Ora, dopo ben cinque ricorsi andati a buon fine negli anni per più di duemila persone, è arrivata la sentenza definitiva: questi docenti non hanno diritto ad essere inseriti nelle GAE e devono quindi retrocedere; da Settembre saranno inseriti nelle graduatorie di istituto per le supplenze, in virtù del valore abilitante del loro diploma, che consentirà anche di tentare il concorso per il ruolo.
In pratica, questa decisione va a colpire insegnanti che da anni lavorano nelle scuole dell’infanzia e primarie, spesso non più giovanissimi, ricacciandoli in una situazione di precarietà totale, mentre per anni grazie alle sentenze favorevoli era stata data loro la possibilità di sognare un posto fisso. La situazione è aggravata poi da un articolo della Buona Scuola, in vigore dal 2016, che recepisce una sentenza dell’Unione europea e stabilisce l’impossibilità di stipulare nuovi contratti a tempo determinato per i supplenti che raggiungano i 36 mesi di servizio: in sostanza, dopo tre anni di precariato, il ministero è costretto ad assumere a tempo indeterminato i supplenti, ma molto più probabilmente non lo farà e lì terrà in graduatoria a coprire supplenze più brevi, non considerate nel computo dei 36 mesi. Dunque, il repentino cambio di rotta della magistratura lascia attoniti e non saranno certo solo i docenti a subirne le conseguenze: anche le classi infatti non avranno, a Settembre, gli stessi insegnanti. I coordinamenti di docenti non si arrendono e rilanciano con scioperi e sit in; a Bergamo il prossimo appuntamento sarà domenica 14 gennaio alle 9,30 presso il piazzale della stazione.
Difficile imputare il caos ad un attore solo: il pasticcio viene infatti da lontano e il responsabile non può essere uno solo. Per i precari della scuola, tuttavia, da anni si prospettano soluzione politiche puntualmente disattese: in parte per la carenza di concorsi pubblici (indetti con parsimonia, ad intervalli anche di più di dieci anni tra uno e l’altro, con lo scopo di esaurire le graduatorie di merito del concorso ’99 che ovviamente non hanno esaurito visto il numero degli idonei), in parte per i continui cambiamenti nelle regole per l’accesso all’insegnamento, che hanno causato negli anni una sovrapposizione di diritti difficilmente districabile e al contempo una frammentazione dei precari in piccoli gruppi, con diversi titoli, ognuno pronto a mettersi contro l’altro per ottenere qualcosa. La Buona Scuola, infine, con il suo obiettivo dichiarato di eliminare il precariato, ha ottenuto piuttosto l’eliminazione dei precari: alcuni (pochi) con le assunzioni in ruolo del concorso del 2016, altri (la maggior parte) con il (previsto) depennamento dalle graduatorie per il superamento dei 3 anni di contratti a tempo determinato (quelli fino al 31 agosto). Un fatto, però, è rimasto invariato negli anni: la quantità di contratti a tempo determinato stipulati ogni anno; è evidente, insomma, che le scuole sopravvivono grazie ai precari, per i quali però sembra che nessuno voglia trovare una soluzione a tempo indeterminato.