Essere insegnante precario in tempi di crisi e di tagli: un ruolo, quello del precario, non facile storicamente in Italia, che riguarda una folta schiera di decine di migliaia di insegnanti. Nei confronti della scuola e dell’educazione dei giovani, questi sono coloro che suppliscono alle carenze strutturali della scuola stessa, che sono chiamati a riempire i ruoli vacanti, a sostituire le malattie e le gravidanze.
La scuola avrebbe fame di insegnanti, ma nessun istituto scolastico può assumere per i tagli imposti oggi dalla crisi e prima ancora dalla Gelmini con la sua riforma. Ma non basta. Può capitare anche che un insegnante precario sostituisca con un contratto a tempo determinato un collega, senza essere retribuito dalla scuola per mesi.
Bergamo – A partire dalla storia personale di un’insegnante precaria in una scuola media cittadina, che chiede di non essere citata, un po’ di riflessioni sono d’obbligo.
Questa signora ha insegnato per quattro mesi con un contratto a tempo determinato sostituendo una collega in maternità, ma per riuscire a farsi retribuire è dovuta ricorrere a un atto di diffida per intimare il pagamento dei suoi compensi.
C’è riuscita, ma con vari mesi di ritardo durante i quali si è dovuta arrangiare ricorrendo agli aiuti della famiglia.
Durante questi mesi ha svolto la sua professione al meglio, sentendo su di sé comunque la responsabilità della formazione dei suoi alunni. Responsabilità e professionalità che in casi come questo si traduce in un vero e proprio ricatto morale, perché l’insegnamento è un elemento fondamentale per la società, che mai andrebbe trattato in questo modo brutale e stupido, mettendo in pericolo il futuro stesso di una generazione.
Come se tutto questo non bastasse, è in arrivo la nuova stangata/presa in giro: il Tfa, ovvero il Tirocinio formativo attivo. Che cos’è? È un corso universitario della durata di un anno a cui tutti dovranno sottoporsi per l’abilitazione all’insegnamento (obbligatorio anche per chi insegna già da anni), e che ha costi davvero rilevanti soprattutto per chi, come i precari, fatica a farsi pagare una retribuzione.
Gli insegnati per primi criticano il contenuto del test preliminare per accedere alle prove scritte e orali del Tfa, giudicandolo puramente nozionistico, in sostanza poco utile e significativo.
La professoressa – che ci assicura di non essere assolutamente l’unica nella sua situazione – ama il suo lavoro del quale riconosce l’importanza, ma, provocatoriamente, si chiede quanto ne sia valsa la pena: anni di studi pagati, di rinunce affettive, altri anni a svolgere con passione il proprio lavoro, lontano da casa e ancora, spesso, lontano dagli affetti. L’unico riconoscimento, la coscienza di svolgere con passione e bene un mestiere importante e difficile.