“Il giorno dello sfratto ci sono stati momenti di tensione tra la nuova proprietà, l’ufficiale giudiziario, i carabinieri e gli attivisti del sindacato”, si legge sulla descrizione dell’evento Facebook pubblicato da SGB, che lanciava il presidio di questa mattina. “All’arrivo dell’assessore ai servizi sociali di Bonate Sopra, l’unica alternativa per la famiglia sarebbe stata il rimpatrio; ma, dopo una lunga trattativa, ha rassicurato tutti che in breve tempo si sarebbe trovata una struttura di accoglienza idonea per la famiglia. Pertanto in accordo con le dirette interessate si è deciso di interrompere il presidio e permettere alla nuova proprietà di prendere possesso dell’abitazione”. La questione avrebbe potuto concludersi così, e Kouyate e la figlia ritrovare la serenità, dopo un incidente simile. Peccato, però, che le cose non siano andate affatto così, e che dopo essere state ospitate da amici e conoscenti, le due oggi si ritrovino ancora, sostanzialmente, per strada: le “strutture idonee”, a quanto pare, non si sono trovate, e i servizi sociali hanno lasciato la famiglia in balia della drastica decisione dell’ufficiale giudiziario. Insomma, madre e figlia ancora oggi, si ritrovano a vagare da una casa all’altra, in attesa di una plausibile alternativa.
Dopo la mattina di presidio, l’assessora ai servizi alla persona Marzia Arsuffi ha deciso di incontrare gli attivisti accorsi sotto il Comune per difendere i diritti di Kouyate, e ha ribadito ancora una volta, spacciandola per l’alternativa migliore, che la soluzione più semplice per la donna sarebbe stata quella del rimpatrio (opzione rifiutata con fermezza dalla donna): secondo l’amministrazione comunale, dunque, per ovviare all’emergenza abitativa e a problemi di carattere economico e sociale come questo, la soluzione preferibile, quella “più facile e veloce”, è quella di rimpatriare coloro che si trovano in difficoltà. Il compromesso raggiunto alla fine della trattativa consiste nel collocare madre e figlia in un albergo fino alla strutturazione di un piano di housing sociale, cosa che potrebbe richiedere tempi piuttosto lunghi. Una volta preso tale accordo, l’assessora ha però messo in guardia Kouyate e gli attivisti: come al solito al Comune mancano i soldi necessari, e la proposta deve prima passare dall’approvazione della giunta comunale, che a Bonate Sopra è presieduta dalla Lega. La conclusione logica, date le premesse, è che con ogni probabilità Kouyate e la figlia resteranno per strada o, nel migliore dei casi, ospiti di qualche amico disponibile… finché sarà disponibile. Resteranno, in poche parole, incastrate in una situazione precaria, attendendo, non si sa ancora per quanto, una soluzione dignitosa.
Come Kouyate e figlia, sono moltissime le famiglie che ad oggi subiscono sfratti e pignoramenti e che si ritrovano d’un tratto senza una casa in cui vivere. E non si tratta solo di cittadini stranieri, ovviamente, ma anche di italiani: con la sola differenza che i primi possono subire, spesso, anche una forte e stereotipata forma di discriminazione, capace di complicare ancora di più il tortuoso percorso che conduce dallo sfratto a una nuova soluzione degna- e che non preveda il rimpatrio nella terra dalla quale si sono allontanati.