La Procura indaga su due militanti bergamaschi, lasciando indisturbata Confindustria

Bergamo – All’alba dell’11 marzo la Digos di Bergamo, su mandato della Direzione distrettuale antimafia di Brescia, ha effettuato delle perquisizioni nelle case di due esponenti del movimento bergamasco, Pia Panseri e Gianfranco Fornoni. Oltre alla perquisizione, sono stati posti sotto sequestro vari materiali e oggetti di proprietà dei due, tra cui telefoni e pc; tutte e due risultano indagati per associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico e minacce aggravate. I motivi di questa azione poliziesca sembrano essere i fatti avvenuti l’estate scorsa, quando al presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti e al presidente di Confindustria Bergamo Stefano Scaglia furono inviate delle buste contenenti due proiettili con delle minacce di morte, mentre al presidente di Confindustria Brescia, Giuseppe Pasini, fu recapitata una bomba carta.

Ma chi sono Pia e Gianfranco? I due da anni si spendono in vari ambiti delle lotte in bergamasca: entrambi militanti di Rifondazione Comunista, hanno partecipato nel corso degli anni ai percorsi di Potere al Popolo, oltre che alla difesa per il diritto alla casa e per la salute pubblica e accessibile a tutti dentro la piattaforma del Tavolo per la Salute. Fanno parte, inoltre, del Comitato popolare Verità e Giustizia per le vittime di Covid-19, un comitato nato a pochi mesi dall’inizio della pandemia, che da sempre denuncia la mala gestione dell’emergenza sanitaria da parte della Regione e, tra le altre cose, anche le responsabilità e gli interessi dei grandi industriali lombardi. Insomma, un anno dopo l’inizio della pandemia, la priorità della Procura è stata indagare e perquisire due persone che da sempre combattono affinché venga fatta giustizia e dunque, in questo grigio periodo, affinché i vertici politici, sanitari e industriali che hanno sbagliato si assumano le proprie responsabilità e rispondano dei loro errori, delle morti causate troppo spesso dai loro interessi e dalla loro negligenza.

Nessuno può dimenticare quel che successe in bergamasca agli albori dell’epidemia: politici, Confindustria e Confartigianato continuavano a ripetere che bisognava tenere aperto tutto. “Bergamo is running“, Bergamo non si deve fermare. Il pronto soccorso di Alzano fu chiuso e riaperto dopo poche ore, senza nemmeno vedere attuate le congrue prassi di sanificazione; la bassa Val Seriana, tra le zone più produttive del territorio, tenne aperte tutte le sue più di 300 attività. Dopo poche settimane, i camion dell’esercito portarono via cumuli di bare, perché nei cimiteri di Bergamo non c’erano più posti. A un anno di distanza, sembra che non sia cambiato granché: gli ospedali si riempiono, le scuole vengono chiuse per l’ennesima volta, centinaia di persone muoiono ancora ogni giorno. Nessun progresso è stato fatto nel gestire l’emergenza, la Regione Lombardia si è resa colpevole di errori tragici che hanno continuato a facilitare il dilagare dell’epidemia, fino a tornare a un lockdown della Regione, come a marzo scorso.

La cosa certa è che mentre due attivisti oggi vengono indagati, le responsabilità dei grandi industriali e imprenditori bergamaschi non vengono prese in considerazione o messe in discussione con indagini e perquisizioni. Continuano a produrre (molti non hanno mai smesso), spesso anche a discapito della salute dei lavoratori e delle lavoratrici (Bergamo risulta prima in Italia per contagi e morti da Covid-19 sul luogo di lavoro). Gli stessi che lo scorso marzo intimavano “Bergamo is running”, con le inevitabili conseguenze del caso, e che oggi non vengono ritenuti in alcun modo responsabili della strage immane avvenuta nei nostri territori. Gli stessi le cui priorità sembrano essere proprio la necessità di riaprire tutto, in fretta, di togliere il blocco dei licenziamenti, di continuare senza se e senza ma a portare avanti l’attività produttiva, poco importa a quale prezzo.

In queste ore sono state diverse le dichiarazioni di solidarietà arrivate a Pia e Gianfranco, a dimostrazione che del fumo negli occhi difficilmente può annebbiare l’esperienza diretta vissuta da Bergamo e dai suoi cittadini.

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