Bergamo – Sono iniziate due giorni fa le proteste da parte dei detenuti all’interno del carcere di Bergamo. Verso sera i detenuti hanno fatto sentire la propria voce, con rumori ottenuti dallo sbattere di oggetti vari sulle sbarre delle celle e urla, udibili dalle strade adiacenti agli alti cancelli, per protestare contro le recenti disposizioni riguardo lo stop alle visite dei loro familiari, stop imposto dal Ministero della Giustizia per molte carceri italiane. Tale misura dovrebbe durare almeno fino al 22 marzo, come dichiarato dal Garante nazionale dei diritti delle persone detenute. In tutta Italia, però, le proteste non sono mancate: ha fatto scalpore la rabbia dei detenuti a Foggia, con l’evasione di più di 50 tra loro, e anche gli otto decessi avvenuti all’interno del carcere di Modena dopo le rivolte, mentre è di poche ora fa la notizia, fornita sempre dall’associazione Antigone, di altri tre decessi nel carcere di Rieti.
Le motivazioni delle proteste sono le stesse in tutta Italia: le misure imposte di blocco dei colloqui, in alcuni casi anche la sospensione delle uscite previste per le persone in stato di semi-libertà, con tutte le conseguenze del caso (possibile perdita del posto di lavoro, per esempio) hanno fatto scoppiare la rabbia tra i detenuti. L’attuale, drammatica situazione d’emergenza costringe persone e istituzioni a prestare finalmente attenzione a quel che avviene all’interno delle carceri, troppo spesso trascurate: se normalmente i temi riguardanti il sistema penitenziario vengono snobbati e si tende a ignorare le condizioni in cui molti detenuti e detenute si ritrovano, l’urgenza di queste settimane costringe ad aprire gli occhi su una realtà che spesso non vediamo, ma che presenta falle e contraddizioni.
Con la motivazione e l’intento di voler arginare il più possibile i contagi da Covid-19, viene imposto lo stop delle visite ai detenuti, senza dotar loro o i loro familiari di strumenti alternativi per mantenere un già precario contatto; vengono sospese le uscite, senza tutela alcuna per le attività che le persone in stato di semi-libertà svolgono al di fuori delle mura del carcere; eppure il sovraffollamento delle carceri italiane non accenna a diminuire, gli ingressi non cessano e le uscite non aumentano, e l’andirivieni di secondini e guardie carcerarie non cessa, costituendo, de facto, un grave rischio per la salute dei detenuti e la possibilità del virus di dilagare. Queste contraddizioni aiutano a comprendere, dunque, la rabbia dei detenuti in tutta Italia: l’idea di venir abbandonati, ancora dimenticati e non visti dal resto del mondo, in una situazione di letteralmente vitale importanza e urgenza, rende le attuali condizioni di tutte le carceri ancor più frustranti per chi già abitualmente vive una condizione di costante assenza di libertà, spesso in condizioni igienico-sanitarie altamente discutibili.
Persino la Repubblica Iraniana ha disposto la scarcerazione di ben 54.000 detenuti, negativi al test del Coronavirus e con pena residua da scontare non superiore a cinque anni; e sono diverse le associazioni e i soggetti in Italia che stanno ora provando a elaborare dei metodi alternativi che contemplino realmente l’idea di tutelare i detenuti: sono molti gli articoli in cui si legge, in questi giorni, di proposte di indulto o amnistia in alcuni casi, per sfoltire la popolazione carceraria al fine di un più possibile contenimento del diffondersi del virus, soprattutto dato il fatto che non si può avere, al momento, una data certa di termine dell’emergenza.
LA SITUAZIONE AL CARCERE DI BERGAMO
Anche in città non sono mancate le proteste dei detenuti, sebbene non siano sfociate in azioni propriamente violente. Nonostante non siano registrati al momento casi di contagio all’interno del carcere bergamasco, il rischio è alto, come in qualsiasi carcere del nostro Paese che presenti le cifre di sovraffollamento che presenta la casa circondariale di Bergamo. Secondo i più recenti dati forniti dal sito dell’associazione Antigone per i diritti e le garanzie nel sistema penale (https://www.antigone.it/osservatorio_detenzione/lombardia/190-casa-circondariale-di-bergamo), la situazione al carcere di Bergamo risulta critica, proprio a causa del sovraffollamento stimato al 153%: per una capienza di 321 individui, ve ne sono stipati invece ben 499 (ultimo dato febbraio 2020); in alcuni casi, in celle molto piccole, al di sotto della soglia dei 3 mq calpestabili per detenuto, convivono fino a cinque persone.
Grafico preso dal sito di Antigone.
Il sovraffollamento e il constatato stato dell’edificio e delle celle, in cui gli interventi di manutenzione risultano spesso tardivi o addirittura assenti, sono entrambi fattori che vanno a colpire concretamente le condizioni sanitarie all’interno del carcere: ove non è possibile in alcun modo il mantenimento delle distanza di sicurezza adeguata e il rispetto delle norme igienico-sanitarie previste in questo periodo di forte emergenza, a causa delle condizioni della stessa struttura del carcere, la possibilità che il virus si diffonda pare ancora più reale, ma continua a non venir affrontata con la serietà, la coerenza e il buon senso che dovrebbero caratterizzare decisioni di questo tipo.
Per ulteriori informazioni riguardo le condizioni delle carceri in Italia, e le misure adottate a causa dell’emergenza da Coronavirus, invitiamo lettori e lettrici a visitare il sito ufficiale dell’associazione Antigone.