#machetilamenti – Qualche settimana fa abbiamo pubblicato la storia di una nostra lettrice che, durante un colloquio di lavoro, l’era stato chiesto se aveva intenzione di avere dei figli. Ora in redazione è arrivata un’altra storia di discriminazione. Ricordiamo che questi fenomeni sono violazioni dell’articolo 8 dello statuto dei lavoratori, che riportiamo:
“È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore”
Di seguito, invece, la nuova storia arrivata in redazione avvenuta sempre a Bergamo:
“Anche io sono stata discriminata nel mondo lavorativo perché mamma, ben due volte! La prima volta ho fatto un colloquio per un noto centro medico ed al colloquio la prima cosa che mi hanno chiesto (ero ancora sull’uscio della porta entrando) è stato se avessi mai voluto far figli: alla mia risposta “Non saprei… è presto adesso” mi hanno risposto che non potevano permettersi dipendenti che sarebbero andate in maternità.
Intanto ho avuto “davvero” un bellissimo bambino e dopo due anni ho fatto una selezione per un’importantissima multinazionale del farmaco e della cosmesi. Avevo superato tutte le selezioni, emergendo sempre per spontaneità e competenze, ed alla fine mi hanno “scelta”. Ero felicissima: stipendio buono, possibilità di crescita, auto aziendale, bambino al nido… Eppure durante una telefonata per sapere dei dati per la stipula del contratto, sentendo la vocina di un bimbo piccolo, mi hanno detto che forse avevano sbagliato persona. Insomma, ho perso due opportunità di lavoro, di cui una molto importante, ma non ho perso la gioia di esser madre. Ho trovato altri lavori e nessuno mi ha più umiliata perché madre”.