Treviglio – È stato rinviato al 16 maggio lo sfratto di Giovanna, una donna che abita a Treviglio in via Felice Cavallotti. Il neonato Comitato di Lotta per la Casa della città è riuscito a ottenere ulteriori due mesi di tempo, dopo la prima proposta dell’ufficiale giudiziario: un rinvio di soli quindici giorni, insufficienti per trovare una soluzione plausibile per la signora sotto sfratto. Al picchetto era presente anche il Comitato della vicina Bergamo e l’obbiettivo è stato raggiunto con successo grazie alla partecipazione attiva di tutti e tutte.
Il palazzo in via Felice Cavallotti 27 è lasciato in una situazione di totale degrado dai suoi proprietari, che non risiedono più neanche in Italia: nonostante le sue condizioni, però, molti appartamenti sono abitati comunque da persone che non riescono a pagare l’affitto a causa della morosità incolpevole, dunque per licenziamenti, lavori part-time, malattie, o maternità, e non per una colpa diretta degli inquilini delle case abitate. Questa è la stessa condizione in cui si ritrovano migliaia di famiglie in tutta Italia ormai colpite dalla crisi e in inutile attesa di una casa, visti i consistenti tagli fatti all’edilizia popolare. La palazzina è abitata da persone che nei mesi a venire saranno quindi sottoposte a diversi sfratti a cui il Comitato di Lotta per la Casa ha intenzione di opporsi, rivendicando come un diritto di tutti e tutte quello all’abitare.
Proprio dalla condizione in cui grava questa palazzina il Comitato infatti intende partire per denunciare l’esorbitante numero di case vuote e appartamenti sfitti, mentre il numero delle persone e delle famiglie che necessiterebbero di una sistemazione, e che per motivi economici non possono permettersi né un affitto, né tanto meno l’apertura di un mutuo, cresce sempre di più.
L’emergenza casa, a Treviglio come in moltissime altre città italiane, non è affrontata nel modo adeguato dalle istituzioni, che in caso di sfratto come quello di questa mattina non offrono effettive soluzioni ma solo inconsistenti provvedimenti: spesso l’unica proposta è quella di smembrare il nucleo famigliare, o l’assegnazione di sistemazioni temporanee e inadeguate che non possono protrarsi nel tempo.