Bergamo – Che sarebbe stato uno sciopero generale atipico si era già capito dal moltiplicarsi degli appelli che da settimane rimbalzavano in tutto il web. Che ancora una volta sarebbero stati soprattutto gli studenti e le studentesse a trascinare la mobilitazione era altrettanto atteso. La convocazione in sordina della CGIL lasciava intuire che la riuscita della giornata sarebbe dipesa in buona misura da spontaneismo e autorganizzazione, ma i numeri della partecipazione, a posteriori, restituiscono un quadro decisamente imprevisto. Se a Bergamo la CGIL era di fatto l’unico sindacato ad aver organizzato una manifestazione, i numeri modesti della partecipazione, circa 300 persone in tutto, restituiscono l’immagine di un insuccesso. Soprattutto se paragonati a quelli della mobilitazione studentesca, dove le persone era più del doppio.
Mentre la manifestazione della CGIL raggiungeva fiaccamente la piazza del comizio conclusivo, diversi cortei spontanei attraversavano la città bloccandone i punti nevralgici e gettando la mobilità nel caos. Già dalle 8 studenti e studentesse inscenavano picchetti fuori da Liceo Artistico e Liceo delle Scienze Umane, per il centro, e Istituto Mamoli, per il polo scolastico di Longuelo, da dove partivano altrettanti cortei alla volta della stazione dei treni, luogo del concentramento della manifestazione autorizzata. Mentre il corteo studentesco partito da Longuelo bloccava l’arteria di via Broseta, dall’altra sponda della città, all’altezza dello stadio, un terzo corteo spontaneo, per gran parte composto da settori del precariato autorganizzato, muoveva verso piazzale Oberdan, bloccandone l’incrocio per oltre mezz’ora e raccogliendo poi un quarto corteo spontaneo di studenti e studentesse dell’Università giunto dalla sede di Sant’Agostino.
La manifestazione concentrata in stazione, l’unica di fatto autorizzata dalla Questura, partiva al sopraggiungere del corteo studentesco proveniente dalle scuole di Longuelo, decidendo però di contravvenire da subito al percorso concordato per ricompattarsi invece con il corteo spontaneo in arrivo da piazzale Oberdan nei pressi di via Zambonate. Qui non sono mancati alcuni attimi di tensione quando il corteo ha sanzionato la sede di Italcementi, colosso di costruzioni generali coinvolto nel business della grandi opere. Da quel momento in avanti la manifestazione ha attraversato la città per circa due ore lungo un percorso imprevedibile e in buona misura affidato al protagonismo studentesco. A nulla sono valsi i ripetuti tentativi delle forze dell’ordine, in tenuta antisommossa, di tamponare o indirizzare la manifestazione. Così, una massa a tratti disordinata raggiungeva via XX Settembre e incalzava lo sbarramento delle forze dell’ordine, conquistando la via dello shopping interdetta da anni alle manifestazioni politiche da un’ordinanza comunale quanto meno singolare.
Il dato politico più interessante è giunto però solo a fine mattina, quando la manifestazione ha invaso la piazza del comizio della CGIL (per la verità mezza vuota fino ad allora) nello stupore generale dei lavoratori e delle lavoratrici. Un gruppo di persone ha preso in pochi secondi il controllo del palco ufficiale e i toni del comizio sono cambiati drasticamente. Gli interventi, tra migranti, senza casa, giovani di scuole e università e precari, hanno posto l’accento sul senso di una “invasione” che, contestataria nei confronti dei vertici della CGIL, ha rilanciato innanzitutto la necessità di estendere e unificare i percorsi di lotta, oltre divisioni di categoria e attendismi concertativi del sindacalismo confederale. La distanza tra le sigle della rappresentanza, visibilmente in affanno, e le soggettività che si sono mobilitate e riconosciute nella sciopero generale di stamattina, a Bergamo non era mai apparsa così lampante.
L’impressione è che si tratti solo di una prima tappa. L’impressione è che questa massa ingovernabile e dirompente, che gridava oggi la volontà arrabbiata di rappresentarsi da se stessa, senza mediazioni e calcoli politici di ceto, tornerà a bussare alla porta dei signori dell’austerity. L’immagine di una città totalmente paralizzata da blocchi e cortei dice che una generazione esasperata ma per nulla rassegnata ha imparato ad essere pungente e che non manca la determinazione di esserlo ancora. Chi ha attraversato la manifestazione di oggi può solo prenderne atto. Che piaccia oppure no.