Bergamo – E’ arrivata a sorpresa la decisione di chiudere la sede universitaria di via dei Caniana per quasi un mese. Ad agosto la sede centrale dell’Ateneo bergamasco sarà interessata dai lavori di rimozione del tetto in amianto, duemila metri quadri di lastre di copertura eredità delle gestioni precedenti all’insediamento dell’Università. Studenti, professori e lavoratori dormiranno ora sonni più tranquilli. Scongiurata definitivamente la prospettiva di trovarsi a studiare, lavorare o sostenere esami mentre del materiale pericoloso veniva trattato a pochi metri di distanza.
I vertici dell’Università hanno annunciato alla stampa a fine aprile la decisione della chiusura. Una scelta che giunge subito dopo che, con una lettera aperta, i lavoratori avevano sollevato il problema chiedendo soluzioni “nel rispetto della sicurezza di tutti i frequentatori dell’Università”.
Una decisione tutt’altro che scontata, quella della chiusura. Perché le misure di sicurezza in caso di rimozione di tetti in eternit, per quanto possa sembrare assurdo, non prevedono come obbligatoria l’evacuazione degli edifici interessati dagli interventi di bonifica. E questo sembrava essere l’orientamento anche dell’Ateneo bergamasco, almeno fino all’annuncio della chiusura e del trasferimento delle attività ad altre sedi per il mese di agosto. A far cambiare idea al Rettore è stata la presa di posizione pubblica dei lavoratori dell’Ateneo. Preoccupati per i rischi collegati ai lavori, si sono riuniti in assemblea ed hanno scritto una lettera al Senato accademico e al Consiglio di amministrazione. La lettera ha avuto l’effetto immediato di diffondere la notizia dell’imminente avvio del cantiere anche tra professori e studenti, molti dei quali fino a quel momento erano ignari di tutto. Così come ignari di tutto sarebbero state le matricole per informarsi ed iscriversi ai corsi di laurea come ogni anno accade in quel periodo.
L’intervento era stato deciso alcuni mesi fa dal Consiglio di amministrazione, che aveva affidato l’incarico di elaborare il progetto ad un esperto. Ma per quanto i lavori siano stati approvati dagli organi ufficiali, il problema dell’evacuazione dell’edificio non era ancora stato posto da nessuno. Per l’Università si tratta infatti di una “misura precauzionale straordinaria”, tesa ad “evitare un impatto emotivo negativo” tra i frequentatori dell’Ateneo. Ma ad evitare il diffondersi di preoccupazioni, in temi delicati come quelli della sicurezza sul lavoro, a volte potrebbe bastare un po’ di informazione in più. Anche perché gli incidenti succedono e di solito, quando ciò accade, poi è troppo tardi per rammaricarsene o chiedere scusa. E’ curioso che chi gestisce una struttura complessa come quella universitaria, frequentata da migliaia di persone ogni giorno, non sia riuscito ad accorgersene per tempo.
Articoli correlati:
“Rifiutopoli” e lo scandalo tangenti sull’amianto. Da che parte sta Belotti?
La riforma Gelmini alla prova dei fatti
L’Università di Bergamo riscrive la sua Costituzione