Gorle – Gioelle e Santina (detta Letizia), sfrattate il 29 marzo dall’abitazione in cui abitavano e prime in graduatoria ALER, aspettano la casa popolare da ormai due mesi. Nel frattempo hanno vissuto dove meglio capitava. Una decina di giorni presso una struttura alberghiera pagata da un’associazione del paese, qualche giorno ospiti di conoscenti e per finire in macchina. La situazione è diventata insopportabile e alla fine hanno deciso per l’ennesima protesta. Presidio davanti al comune. Chiedono che l’amministrazione assegni la casa che, come sembrerebbe dalla documentazione in loro possesso, spetta di diritto alle due donne . Il comune, attraverso il sindaco, abbozza proposte ma la famiglia pretende una soluzione concreta. Per questo motivo intorno alle 11 di stamane Gioelle, la figlia, si è incatenata alle porte del municipio. Una cinquanta le persone solidali presenti al picchetto che assieme alle due donne hanno montato tende e appeso uno striscione recitante la frase di denuncia “Niente persone senza casa, niente case senza persone”.
Gioelle e sua madre Santina, di 56 anni ed invalida al 90%, entrambe disoccupate sono state sfrattate a marzo. Pochi giorni prima dello sfratto, grazie alla colaborazione dell’associazione ASIA, riescono però a vincere il ricorso contro l’esclusione dal bando ERP e ad arrivare prime nella graduatoria delle case popolari. La casa c’è e sembrerebbe ormai superato il brutto momento di incertezza e precarietà abitativa. Ormai sicure di accedere all’appartamento arriva la doccia fredda, l’amministrazione non assegna la casa e prende tempo. Ne passa parecchio e l’unica proposta del comune è una situazione abitativa temporanea che il medico della signora dice non essere per nulla adeguata, se non pericolosa. La famiglia non accetta e solo a questo punto, passati due mesi, l’amministrazione con un consiglio comunale a porte chiuse delibera la modifica di destinazione d’uso all’appartamento, indirizzandolo invece agli anziani. Al presidio raccontano che il sindaco vuole innescare una guerra tra poveri, perchè assegnare la casa a una fascia sociale debole renderebbe impossibile a chiunque richiederne l’accesso.
Per ora l’ASsociazione Inquilini e Assegnatari di Bergamo e la famiglia Ronsisvalle hanno inoltrato ricorso contro il cambio di destinazione dell’appartamento presso il Tribunale Amministrativo Regionale. La speranza è che il TAR si esprima negativamente sulla condotta del sindaco che oltre a non assegnare la casa, dice Santina, non opera nemmeno per trovare una soluzione abitativa temporanea minimamente dignitosa. Prefettura e Aler se ne sarebbero già lavate le mani. Dalla Regione Lombardia invece si attenderebbe una pronuncia che tarda ad arrivare ormai da settimane.
Il sindaco è arrivato nel pomeriggio dando qualche garanzia su una soluzione provvisoria ma mantenendo inalterata la posizione rispetto all’assegnazione della casa popolare, se non quando il TAR si sarà espresso negativamente a riguardo. Il presidio intanto va avanti fino a lunedì, giorno in cui il sindaco dovrebbe mettere nero su bianco l’unica offerta che la famiglia accetterà per interrompere il presidio, quella di un appartamento temporaneo proposto dall’amministrazione al cui affitto dovrà adempiere per la maggior quota, e la restante a carico della famiglia sulla base di quello che pagherebbe in una casa ERP. Gioelle ha accettato di togliersi le catene solo a patto di ottenere una risposta concreta dal sindaco, se da lunedì non ci sarà una soluzione dignitosa lei e la madre assicurano la prosecuzione della lotta.
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