Calusco d’Adda – Si è svolta sabato mattina a Calusco la camminata, denominata Marcia dei 5 Camini, organizzata dai comitati territoriali La Nostra Aria di Calusco e Rifiuti Zero Lombardia, in collaborazione con il Coordinamento Lecchese Rifiuti Zero, l’Associazione 5R Zero Sprechi, il comitato Spegniamo il forno inceneritore di Valmadrera e i cittadini di Madone e di Grezzago. Per la prima volta insieme, tutte queste realtà territoriali hanno deciso di scendere per le strade per ribadire il loro dissenso all’incenerimento massiccio di rifiuti che si svolge nelle aree della bergamasca, del lecchese e del monzese, nelle zone limitrofe al fiume Adda. Sono ormai anni, infatti, che periodicamente i comitati e i cittadini, quasi sempre inascoltati, organizzano mobilitazioni per protestare contro il cementificio (quello di Italcementi a Calusco) e i ben 4 inceneritori (a Filago, a Valmadrera, a Dalmine e a Trezzo d’Adda) già attivi sul territorio nel raggio di 20km, che bruciano le circa 625.000 tonnellate di rifiuti annualmente. Tonnellate che, pare, debbano addirittura essere aumentate, con più rischi per la salute e la sicurezza dei cittadini: infatti il forno per la produzione di Italcementi a Calusco sino ad ora ha bruciato 30,000 tonnellate di rifiuti, ma con l’articolo 35 dello Sblocca Italia i limiti vengono portati a 110,000 tonnellate, cosa che porterebbe l’impianto a essere utilizzato come vero e proprio inceneritore di rifiuti senza però adattare l’impianto ai limiti validi per gli inceneritori stessi.
La Marcia, partita alle dieci circa di questa mattina, ha attraversato le vie di Calusco d’Adda giungendo ai cinque camini degli impianti della zona, simbolicamente presenti sul percorso, allo scopo di informare sulle condizioni del territorio, degli impianti e sulle ripercussioni che questi hanno sulle loro vite e sulla loro realtà quotidiana. Gli organizzatori non si sono però limitati a una semplice passeggiata: hanno infatti proposto anche concrete alternative per lo smaltimento dei rifiuti, riproponendo l’idea della tariffazione puntuale , già messa in atto da alcuni comuni italiani.
Non sono mancate poi critiche alle amministrazioni locali, colpevoli di non prendere una posizione chiara a favore dei cittadini e contro le grandi aziende (Italcementi, Silea, Rea, Falsk e Ecolombardia) che gestiscono gli impianti.
Insomma, i comitati pretendono una maggiore attenzione alla loro salute e alla tutela del territorio in cui vivono, dal momento che il grosso dell’inquinamento prodotto dagli inceneritori non va a colpire soltanto l’aria, ma anche l’acqua e il terreno stesso. Sono state infatti nuovamente richieste delle indagini epidemiologiche, proposta già avanzata lo scorso febbraio, oltre a una diversa gestione delle risorse: considerare dunque i rifiuti come possibili risorse di materia prima, ed esortare al riciclo, al riuso e, di conseguenza, alla riduzione dei rifiuti stessi.