Bergamo– L’autostrada della discordia sembra destinata a fermarsi, dopo che negli ultimi anni per lei hanno litigato prima Renzi e Maroni, poi ministri, assessori, consiglieri comunali. Questa è la novità su Pedemontana, che arrivati a questo punto dovrebbe attraversare la Lombardia; dovrebbe, appunto, con un condizionale d’obbligo, perchè non è così. Dopo che la procura ha chiesto il fallimento per insolvenza, adesso si aspetta settembre: se il tribunale accoglierà la richiesta dei magistrati, i lavori si fermeranno, regalandoci così un’altra cattedrale nel deserto. Infatti (e, dopo la Brebemi, lo sappiamo bene), quando un progetto del genere si avvia, non si torna indietro, neanche quando si fermano i lavori. Nonostante questo stop, oramai Pedemontana ha confermato la sua missione, la stessa di altre sue colleghe grandi opere: devastazione e saccheggio del territorio, il tutto condito da spese folli. Ma andiamo con ordine.
LO STOP AI LAVORI – La società Autostrada Pedemontana Lombarda ha ricevuto una richiesta di dichiarazione di fallimento depositata dalla Procura di Milano e sottoscritta dai sostituti procuratori Pellicano, Polizzi e Filippini, che ipotizza che Apl si trovi in difetto del requisito di continuità aziendale e versi in stato di insolvenza. «Siamo certi della regolarità della nostra condotta, della sussistenza del requisito di continuità aziendale e quindi dell’assenza dello stato di insolvenza – spiega il presidente della stessa società, Federico Maurizio d’Andrea – Confidiamo infine il nostro impegno – conclude d’Andrea – a completare la realizzazione dell’Autostrada Pedemontana Lombarda».
Di completare si tratta, sì, ma non stiamo parlando di “un pezzettino”: l’autostrada secondo i progetti originari dovrebbe collegare la provincia di Varese a quella di Bergamo passando a nord di Milano. Ma dopo anni non si è nemmeno a metà dell’opera. Per ora la futura A36 è stata realizzata solo nelle tratte A e B1: parte da Cassano Magnano (in provincia di Varese) e si ferma prima di Lentate sul Seveso (provincia di Monza e Brianza). Mancano le tratte B2, C e D: con queste da Lentate l’autostrada supererebbe l’Adda e arriverebbe fino a Osio Sotto, passando per Cesano Maderno, Desio, Macherio e Arcore. Se il tribunale accoglierà la richiesta dei magistrati, il rischio è che i lavori non finiscano proprio più.
La richiesta di fallimento dei pm si basa ora su diversi aspetti, tra cui i debiti: i 150 milioni verso la società controllante Serravalle, più i 200 verso Intesa, Ubi e le altre banche del pool finanziatore. Ci sono poi alcune poste messe in attivo di bilancio, che i pm contestano perché sarebbero sovrastimate, e i contenziosi in atto con l’appaltatore austriaco Strabag. In sostanza, secondo la procura, la società va fatta fallire perché più si va avanti più le cose andranno male.
Ma chi sta pagando? I finanziamenti sono in gran parte pubblici, ma reperiti tramite progetti di project financing, proprio come quasi tutte le grandi opere in Italia. Lo stesso è successo per Brebemi, autostrada del lusso (i cui costi oscillano intorno ai 2,4 miliardi di euro) con un volume di traffico talmente basso da poter giocare a calcio sulle sue corsie. Quel flop e quelle spese folli sembrano essere il futuro anche di Pedemontana: «Noi auspichiamo che si fermino dove sono arrivati perché sulla nostra tratta, la B2, c’è la diossina – ci spiega Alberto Colombo del coordinamento di associazioni e realtà ambientaliste Insieme in rete per uno sviluppo sostenibile – Quando la troveranno si porrà il problema del che fare e probabilmente sarà necessaria una bonifica, che richiederà ulteriori ingenti finanziamenti e verrà rimandata».
UN PASSATO “DEVASTANTE” – Sotto quella che potrebbe essere l’ennesima grande opera non terminata c’è la diossina: il 10 luglio 1976, nello stabilimento dell’Icmesa del comune di Meda (oggi provincia di Monza e Brianza), il sistema di controllo di un reattore chimico destinato alla produzione di triclorofenolo (un componente di diversi diserbanti) andò in avaria e la temperatura salì oltre i limiti previsti. La reazione chimica comportò una massiccia formazione di diossina, che divenne nube tossica. Arrivò da Meda fino a Seveso, Cesano Maderno e Desio: 240 persone vennero colpite da dermatiti, frutta e verdura morirono a causa dell’alto potere diserbante della sostanza, mentre migliaia di animali contaminati furono abbattuti. La popolazione venne però informata della gravità dell’evento solamente otto giorni dopo. Nell’area più inquinata (Zona A), il terreno fu depositato in vasche. Fu apportato un nuovo terreno proveniente da zone non inquinate ed effettuato un rimboschimento, che ha dato origine al Parco Naturale Bosco delle Querce.
RISCHI PER L’AMBIENTE A BERGAMO – Se i lavori andranno avanti, dopo la Brianza toccherà alla provincia di Bergamo. Nei soli sei chilometri dell’autostrada che attraverseranno la zona dell’Isola ci sono a rischio 70 ettari di terreno, che diventeranno 100 considerando compensazioni, cantieri e cave. Di questi 8 sono occupati da boschi che verranno abbattuti. In tutto verrebbe consumato circa un milione di metri quadri di suolo, praticamente 150 campi da calcio, senza calcolare i danni alla biodiversità di flora e fauna. Inoltre l’autostrada dovrebbe passare sopra l’Adda con un ponte seguìto da un viadotto: un solo chilometro di strada per cui sono previsti 100 milioni di euro che andrà a sventrare le aree più suggestive del Parco dell’Adda e del Bosco dell’Itala, una delle pochissime aree versi fossili della Lombardia.
Il problema insomma non riguarda “soltanto” l’insolvenza della società che sta gestendo i lavori: da una parte ci sono i debiti che continuano a gonfiarsi, dall’altra ci sono i territori, alcuni già sventrati, altri da sventrare (almeno finché la procura di Milano non fermerà i lavori definitivamente).
Rimane comunque una questione: quando un’opera così grande e già così avviata si ferma, cosa lascia? Se il progetto si fermerà qui e l’opera non verrà conclusa come si tornerà indietro? Insomma, pare proprio che, quando è “insolvente” o “morosa”, un’autostrada non possa essere sfrattata.