Bergamo- Non accenna a placarsi il polverone sul seminario “Nascere a Bergamo. Presente e prospettive future”, organizzato dal Consiglio delle Donne del Comune di Bergamo e dal Centro di Aiuto alla Vita, il 9 febbraio, in occasione del 41esimo anniversario della Giornata della Vita presso la Sala Galmozzi.
Nei giorni scorsi, in una lettera aperta, il movimento bergamasco Non una di meno aveva incalzato il Consiglio delle donne sulla scelta di coorganizzare l’evento insieme al Centro di Aiuto alla Vita, emanazione del Movimento per la vita. Tale associazione, come si evince dalla presentazione, “si propone di promuovere e di difendere il diritto alla vita e la dignità di ogni uomo, dal concepimento alla morte naturale, favorendo una cultura dell’accoglienza nei confronti dei più deboli ed indifesi e, prima di tutti, il bambino concepito e non ancora nato”. In realtà, dietro a molte belle parole, l’obiettivo di queste associazioni è stato spesso impedire il diritto alla libera scelta della donna, in nome del valore inestimabile della vita umana, un diritto, tra l’altro, sancito per legge con la norma sull’interruzione volontaria di gravidanza, la famosa 194, sempre più depotenziata da obiettori di coscienza e strutture sanitaria inadeguate.
E’ evidente dunque quale possa essere il taglio dato all’iniziativa, se tra gli organizzatori compare un’associazione del genere: la questione della natalità verrà declinata solo in termini riproduttivi, attaccando di fatto il diritto di scelta della donna, senza porre al centro della discussione altre questioni fondamentali quali i servizi, le opportunità di lavoro e il supporto alla genitorialità.
Come denunciato nella lettera aperta, “mettiamo l’accento sul concetto della capacità di scegliere, e sull’importanza dell’autodeterminazione femminile, perché proprio su questo, coloro che considerano l’esercizio di un diritto sancito dalla legge, qual è l’interruzione di gravidanza, come un abominio da evitare e ostacolare in qualsiasi modo, fanno leva per promuovere una cultura che vuole riportarci agli anni bui in cui le donne erano costrette a partorire ad ogni costo, anche quello della propria vita, perché mettere al mondo un figlio non era considerata una scelta ma un dovere, e non desiderare una gravidanza un peccato mortale che andava contro la natura e il ruolo naturalmente subalterno che la donna doveva ricoprire nella società.”.
Proprio Non una di meno Bergamo nell’appello firmato da diverse associazioni ha sottolineato la gravità di questa presa di posizione del Consiglio delle donne, che invece di rappresentare la complessità dell’impegno femminile sul territorio, ha deciso di ospitare un seminario coorganizzato dal Movimento per la vita. Non solo: all’interno del seminario, parteciperà anche Paolo Picco, presidente dell’associazione Federvita, che fa dell’attacco al diritto all’aborto il proprio dichiarato obiettivo, e che si era complimentato poco tempo fa con la Giunta Comunale di Verona per aver approvato la mozione 434 che, dichiarando la città “a favore della vita”, ha impegnato, di fatto, i servizi a disattendere il dettato della legge 194.
Non manca poi nella lettera la constatazione di una contraddizione interna: molte delle componenti del Consiglio delle donne hanno presentato (e votato) in consiglio comunale settimana scorsa una mozione per l’abolizione del ddl Pillon, il disegno di legge sull’ affido condiviso che proprio in nome dell’equazione donna =madre rischia di riportare il diritto di famiglia agli anni Cinquanta, e un’altra sull’adesione del comune alla campagna “Aborto al sicuro”, per facilitare l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza in Lombardia.
Eppure, molte di queste consigliere hanno poi organizzato il seminario con il Centro di Aiuto alla Vita.
Incalzato dalle polemiche, il Consiglio delle donne ha organizzato un’assemblea pubblica il 01 Febbraio, per chiarire le proprie motivazioni; in una sala gremita, la presidente Emilia Magni insieme a Regina Barbò, della prima commissione (responsabile del convegno) e alcuni esponenti del Centro di aiuto alla vita, ha replicato alle critiche, sottolineando che gli obiettivi del convegno sono “conoscere le problematiche relative alla denatalità e rilanciare la natalità come valore sociale” e che gli interventi (di ostetriche, medici e sociologi) sono incentrati sugli strumenti presenti a Bergamo per sostenerla. Posizioni troppo deboli per le molte donne e uomini intervenuti all’incontro, che hanno invece ribadito la necessità di annullare il seminario.
Non una di meno Bergamo comunque non si arrende: è già iniziata una campagna di pressione via mail al sindaco Gori, al vicesindaco Gandi, alla presidente del consiglio comunale Marzia Marchesi e all’assessora alle pari opportunità Maria Carla Marchesi, affinchè prendano posizione sul seminario. Inoltre il movimento bergamasco ha già annunciato che, qualora l’evento non venga annullato, indirà un presidio di protesta in via Tasso, sotto la sala Galmozzi, a partire dalle 8,30 di sabato mattina.