Maurizio Sacconi all’Università di Bergamo
Nella tarda mattinata di lunedì 20 settembre, il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Maurizio Sacconi ha incontrato studenti, dottorandi e docenti dell’Università di Bergamo presso la sede di Sant’Agostino.
Con la sua breve visita il ministro ha voluto consacrare politicamente la nuova Scuola Internazionale di Dottorato in Formazione della Persona e Mercato del Lavoro, guidata dal prof. Giuseppe Bertagna, ex-consulente del ministro Moratti e pedagogista di punta della destra cattolica e liberale italiana, e dal prof. Michele Tiraboschi, ordinario di diritto del lavoro, consulente del ministro nonché allievo ed erede spirituale di Marco Biagi.
Dopo una breve presentazione e qualche domanda da parte di alcuni giovani collaboratori del prof. Tiraboschi, il ministro Sacconi ha esposto brevemente quattro punti fondamentali del suo pensiero:1. Statuto dei Lavori. La legge Biagi non è stata che un primo passo verso la completa ridefinizione della legislazione sul rapporto e sul mercato del lavoro in Italia, che si compirà con l’entrata in vigore del nuovo Statuto dei Lavori. Tale statuto rappresenterà per le imprese uno strumento agile e chiaro di gestione delle risorse umane.
2. Disoccupazione. La disoccupazione è un effetto della scuola e dell’università italiane, che non formano i profili e le competenze richieste dal mondo delle imprese. Le politiche formative dovrebbero essere definite in base ai risultati del rapporto Excelsior sui fabbisogni professionali delle imprese.
3. Precarietà. Si tratta, secondo Sacconi, di un termine fuorviante, che suona come una condanna, e non evidenzia gli elementi evolutivi che caratterizzano la condizione del lavoratore atipico. Bisogna sapersi continuamente reinventare, formandosi e affrontando le sfide del mercato del lavoro. Lui stesso ha dovuto rimettersi in gioco quando, in seguito al disfacimento del suo partito (PSI), si è trovato a dover imparare l’inglese per potere occupare il ruolo di branch office director presso l’Organizzazione Mondiale del Lavoro di Ginevra.
4. Territorio: deve diventare il perno delle politiche attive del lavoro, mediante processi di sussidiarietà verticale ed orizzontale. È nel territorio che può realizzarsi quella virtuosa alleanza tra imprese e lavoratori che porterà benessere e ricchezza alle singole comunità. “Meno stato, più società” è lo slogan ripetuto più volte dal ministro.
Con la sua breve visita il ministro ha voluto consacrare politicamente la nuova Scuola Internazionale di Dottorato in Formazione della Persona e Mercato del Lavoro, guidata dal prof. Giuseppe Bertagna, ex-consulente del ministro Moratti e pedagogista di punta della destra cattolica e liberale italiana, e dal prof. Michele Tiraboschi, ordinario di diritto del lavoro, consulente del ministro nonché allievo ed erede spirituale di Marco Biagi.
Dopo una breve presentazione e qualche domanda da parte di alcuni giovani collaboratori del prof. Tiraboschi, il ministro Sacconi ha esposto brevemente quattro punti fondamentali del suo pensiero:1. Statuto dei Lavori. La legge Biagi non è stata che un primo passo verso la completa ridefinizione della legislazione sul rapporto e sul mercato del lavoro in Italia, che si compirà con l’entrata in vigore del nuovo Statuto dei Lavori. Tale statuto rappresenterà per le imprese uno strumento agile e chiaro di gestione delle risorse umane.
2. Disoccupazione. La disoccupazione è un effetto della scuola e dell’università italiane, che non formano i profili e le competenze richieste dal mondo delle imprese. Le politiche formative dovrebbero essere definite in base ai risultati del rapporto Excelsior sui fabbisogni professionali delle imprese.
3. Precarietà. Si tratta, secondo Sacconi, di un termine fuorviante, che suona come una condanna, e non evidenzia gli elementi evolutivi che caratterizzano la condizione del lavoratore atipico. Bisogna sapersi continuamente reinventare, formandosi e affrontando le sfide del mercato del lavoro. Lui stesso ha dovuto rimettersi in gioco quando, in seguito al disfacimento del suo partito (PSI), si è trovato a dover imparare l’inglese per potere occupare il ruolo di branch office director presso l’Organizzazione Mondiale del Lavoro di Ginevra.
4. Territorio: deve diventare il perno delle politiche attive del lavoro, mediante processi di sussidiarietà verticale ed orizzontale. È nel territorio che può realizzarsi quella virtuosa alleanza tra imprese e lavoratori che porterà benessere e ricchezza alle singole comunità. “Meno stato, più società” è lo slogan ripetuto più volte dal ministro.
Niente di nuovo, dunque. Il mondo delle imprese deve dettare legge e decidere non solo cosa e come produrre, ma pure contenuti, tempi e metodi dei percorsi scolastici e universitari. Il territorio rappresenta la dimensione ideale per frammentare i lavoratori e inserirli – magari alimentando tensioni xenofobe e identitarie – entro un blocco interclassista governato dall’impresa. La disoccupazione dipende essenzialmente dai lavoratori, dalla loro scarsa formazione e motivazione.
Quanto alla precarietà, non è che un atteggiamento sbagliato nei confronti della vita, sintomo dell’incapacità dei soggetti di reinventarsi per salire e scendere in continuazione nell’entusiasmante giostra del mercato del lavoro. E lo Stato? È, come sempre, il comitato d’affari della borghesia. Semplicemente oggi non ha più bisogno di nasconderlo. Anzi, se ne vanta.