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Bergamo – Patrizia P. lavora da anni nella cooperativa Biplano, nella quale, negli ultimi mesi, il consiglio di amministrazione ha deciso di cambiare drasticamente l’orario di lavoro, stravolgendo in questo modo la natura del contratto part-time dei lavoratori della cooperativa.
Patrizia e un suo collega non ci stanno, e confidando nel naturale spirito di collaborazione della cooperativa, hanno espresso le loro perplessità all’amministrazione, la quale si è dimostrata non solo indifferente alle richieste, ma ha adottato una serie di musure punitive nei confronti dei lavoratori “dissidenti”.
Dopo le prime variazioni rispetto alla prima ipotesi di orario, la cooperativa considera la propria proposta come inderogabile e ha ritenuto passibile di richiamo i lavoratori che non l’avrebbero rispetatta.
Patrizia racconta che a causa di questa chiusura da parte del consiglio, ha dovuto rivolgersi ad un sindacato (USB) per chiarire realmente quali sono i diritti e i doveri di entrambe le parti in gioco. Il sindacato ha dimostrato la totale arbitrarietà dell’amministrazione che ha imposto repentinamente il cambio dell’orario di lavoro senza interpellare i lavoratori.
Nell’intervista la lavoratrice non si limita a raccontare questo conflitto con il consiglio di amministrazione, ma pone l’attenzione sulla funzione e sulla gestione delle cooperative e sul ruolo decisionale che possiede il consiglio.
Per Patrizia, infatti, risulta inconcepibile che una cooperativa, della quale è stata socia fondatrice e attualmente socia-lavoratrice, prenda decisioni importanti riguardanti i lavoratori senza coinvolgerli. Uno spirito totalmente diverso da quelo che aveva spinto anni fa Patrizia a fondare la cooperativa.
Patrizia descrive nell’intervista di essere stata più volte “emarginata” o ritenuta in qualche modo “scomoda” perchè contraria alla linea tenuta dall’amministrazione.
Patrizia descrive un clima di pressione alimentato da lettere di richiamo (per non aver rispettato i nuovi orari anche se la trattativa con il sindacato non era ancora conclusa), seguite da un invito a cambiare lavoro e da una “eccessiva” professionalità.
Motivazioni deboli che a Patrizia non bastano e, come spiega nella parte finale dell’intervista, le fanno aprire una riflessione sulle gerarchie presenti in una cooperativa sociale. Nel no profit ci si aspetterebbe di registrare un ruolo decisivo da parte dei lavoratori nelle scelte e nella gestione, invece a volte bisogna prendere atto che le logiche rischiano di essere molto simili a quelle delle aziende più autoritarie.