Caro Bgreport,
sono un lavoratore e studente universitario di 24 anni, abito e vivo a Bergamo, e ho scoperto questa rubrica sul tema del lavoro tramite passaparola di amici. Così m’è venuto in mente di scrivere a voi e ai vostri lettori. In questo periodo continuano a dirci che si deve dare di più, che si deve essere più solidali, anche se a me sembra che queste regole valgano solo per noi che non possediamo nulla, non gestiamo multinazionali, banche o catene di distribuzione.
Ho cominciato il 2014 con una sola ed unica certezza: la scadenza del contratto di lavoro il 31 gennaio. Inoltre sono stato obbligato a firmare un documento che attestava di non avere alcuna possibilità di poter essere assunto dopo la scadenza del contratto e quindi di rimanere senza un posto di lavoro. Ora che il contratto è scaduto penso di poter dire di essermi sentito una cavia di questo sistema, una persona usa e getta, buona solo per colmare una momentanea carenza di personale. E i dati mi danno ragione considerando che la disoccupazione giovanile in Italia è pari al 41,6% ( nella nostra provincia ha ragiunto la soglia del 19% , un giovane su cinque ) mentre quella generale è al 12,7% (dati Istat).
La cosa che mi fa più ridere (amaramente) è che non ho lavorato per una ditta privata, ma al contrario, per un’azienda pubblica al 100% anche se forse ancora per poco. Le Poste Italiane. Il mio non è un caso particolare, perché da anni, ovvero da quando molte persone hanno ottenuto l’assunzione tramite ricorso, l’unico contratto che viene stipulato per i portalettere (ol pustì!) è proprio quello a tempo determinato.
A dar ragione ai precari ci si è messa anche la sentenza della Corte di Giustizia Europea la quale ha dichiarato l’illegittimità della legislazione italiana in materia di precariato pubblico, accertando che l’Italia e la relativa normativa interna non riconoscono e non garantiscono ai lavoratori pubblici precari le tutele e le garanzie previste dal legislatore europeo in materia di rapporto di lavoro a tempo determinato.
Direi che il nome che avete scelto per questa rubrica c’azzecca davvero. Mi chiedo quanto tempo rimane al giorno d’oggi per lamentarsi!? Nemmeno un secondo mi vien da dire! Credo che il poco tempo che abbiamo a disposizione andrebbe speso per lottare per una società altra e riprendersi quotidianamente quei diritti che sempre più ci vengono tolti.
E un primo piccolo passo potrebbe essere smettere di tenere a cuore solo il proprio giardino.