Bergamo – È stata una visita lampo quella del Premier Matteo Renzi. Meno di un’ora di comizio per tirare la volata elettorale al candidato di centro-sinistra Giorgio Gori. Un atto dovuto, in qualche misura: se Renzi è oggi il protagonista indiscusso del palinsesto televisivo, forse lo deve anche a quel Gori che ne fu spin doctor. Eppure, la “realtà reale”, non mediata da telecamere e giornalistiche accondiscendenze, è tutta un’altra cosa. O, per meglio dire, tutto un altro paese. Già, perché mentre Renzi attraversa l’Italia in lungo e in largo per trascinare la campagna elettorale del Partito Democratico, in ogni dove sembra imbattersi nella protesta montante. È successo un po’ ovunque nelle ultime due settimane, ed è successo anche oggi a Bergamo. Verso le 13, un centinaio di persone hanno infatti raggiunto il comizio per protestare contro le misure di austerity che il Governo, in continuità piena con i governi che l’hanno preceduto, sta scaricando sulle spalle delle fasce più deboli della popolazione, dal Jobs Act al Piano Casa.
Ed è proprio il Piano Casa ad essere al centro della polemica. Mentre Renzi salutava il comizio con le consuete iniezioni di ottimismo, alla Camera una maggioranza risicata, ricorrendo alla Fiducia, ha approvato quel pacchetto di misure che dovrebbero arginare la drammatica emergenza abitativa in corso. Misure però che hanno riscosso il “no” secco dei movimenti di lotta per la casa, a partire dal tanto discusso articolo 5. Se il Piano Casa viene ritenuto insoddisfacente, l’articolo introduce addirittura dispositivi volti a colpire le decine di migliaia di famiglie che, rimaste senza casa a seguito della crisi, anche a Bergamo, occupano alloggi vuoti consegnati altrimenti all’incuria. Il provvedimento costituisce una minaccia per le tante persone che vivono una condizione di precarietà abitativa; persone che nella riappropriazione trovano una soluzione obbligata, ma di immediato sollievo, laddove le Amministrazioni comunali hanno dimostrato totale inadeguatezza. Che dire degli oltre 250 alloggi vuoti del Comune di Bergamo, a fronte di migliaia di persone che attendono in graduatoria la casa che spetterebbe loro di diritto?
Ecco allora che la contestazione segnala un nodo di non poco conto: nel futuro in cui Renzi invita a credere, che posto hanno le fasce più vulnerabili della popolazione? Che posto hanno coloro che per precarietà o assenza totale di reddito non vedranno mai gli 80 euro mensili che il Governo promette? Oggi in piazza non c’era solo il popolo che vuole credere nel sogno renziano. In piazza c’erano anche famiglie senza casa, studenti e studentesse, migranti, lavoratori e lavoratrici del sindacalismo di base. C’erano giovani precari e precarie che vedono il Jobs Act come l’ennesimo colpo inferto. C’erano i comitati che si battono per il diritto all’abitare, da Bergamo a Zingonia, e che rivendicano non soltanto una casa dignitosa ma anche un territorio libero dalla speculazione. La risposta di Renzi è stata ampiamente stigmatizzata dai tanti interventi susseguitisi al megafono: tanta polizia e frasi dileggianti lanciate dal palco all’indirizzo della protesta. D’altra parte, si tratta di risposte coerenti con la professata indisponibilità del Premier al confronto con le parti sociali. Certo è che, se questo è l’uomo che tira la volata elettorale di Gori, c’è poco da sperare nelle possibili aperture sociali del promesso sindaco. Tale leader tale spin doctor, verrebbe da dire.