Arcene – Da ormai circa un mese i lavoratori della AZ Fiber di Arcene sono in stato di agitazione.La causa scatenante è l’annuncio fatto dall’azienda dell’avvio della procedura di mobilità per circa 40 lavoratori.
L’azienda, che si occupa della produzione di temporizzatori a uso industriale, era già stata sede di proteste due anni fa: in quell’occasione, i precedenti proprietari avevano minacciato la chiusura dello stabilimento di Arcene per delocalizzare la produzione in Romania.
Grazie a una lotta durata sei mesi, che ha coinvolto la stragrande maggioranza dei lavoratori, si è impedita la chiusura dell’azienda, che venne acquisita nel 2012 dal gruppo tedesco AZ Zimmermman, si sono ottenuti contratti più vantaggiosi e il riconoscimento delle RSU in CDA.
I nuovi proprietari tedeschi hanno fin da subito promesso grandi investimenti per la sede bergamasca, ma, a distanza di due anni nessuna promessa è stata mantenuta; inoltre i lavoratori della Fiber denunciano la totale assenza di miglioramenti dal punto di vista produttivo, sottolineando che in due anni i nuovi proprietari hanno dimostrato una totale incapacità nel gestire la produzione, come dimostra la perdita di alcuni tra i migliori clienti dell’azienda e un passivo di bilancio che ammonta a migliaia di euro.
La situazione diventa critica circa un mese fa, quando l’azienda annuncia l’esubero dei lavoratori, andando contro al contratto stipulato con questi ultimi che impedisce l’utilizzo della mobilità per i primi 4 anni, fino cioè a giugno 2015.
Sebbene la Fiber sia stata per anni leader nella produzione di temporizzatori e la domanda produttiva non sia mai drasticamente calata, strategie impresarie sbagliate e incapacità logistiche hanno portato un’azienda che funzionava sull’orlo del fallimento.
Per i lavoratori le responsabilità sono chiare: la colpa è dei padroni, ma a pagare sono gli operai.
Settimana scorsa le pressioni esercitate dai lavoratori hanno prodotto un primo risultato tangibile:la procedura di mobilità è bloccata e l’azienda è obbligata a procedere mediante ammortizzatori sociali quali la cassa integrazione e i contratti di solidarietà.
Le richieste dei lavoratori tuttavia non si fermano qui: lo sciopero continuerà finché non si otterranno delle garanzie riguardo il futuro dell’azienda; per questo motivo si chiede che la ditta tedesca proceda con una pianificazione economica che ripiani l’azienda, o, altrimenti, che quest’ultima venga di nuovo messa in vendita.