Bergamo – Sabato sera, durante l’ultima serata del festival Bergamo Film Meeting, ormai in corso da più di una settimana, sul palco sono saliti un gruppo di giovani attivisti, srotolando uno striscione sul quale campeggiava la scritta “Defend Afrin. A fianco della rivoluzione del Rojava!”. L’azione, inaspettata, è stata un momento di riflessione e di informazione importante e necessario, durato solo pochi minuti, il tempo necessario a esprimere i concetti e la presa di posizione che il collettivo Barrio ha poi esplicitato con un post su Facebook.
“Abbiamo scelto questo meraviglioso film festival, luogo di cultura nazionale e soprattutto internazionale”, si legge sui social media, “per parlarvi di una questione che ci sta a cuore. A volte si dà per scontata la libertà di produrre cultura e fruirne, iniziative culturali come questa ci devono ricordare che non ovunque è così. In un paese come la #Turchia tutto questo risulta impossibile, impraticabile. Scattare una foto, girare un film, scrivere un articolo di giornale… tutto ciò che non rispetta i canoni dettati da #Erdogan, tutto ciò che è informazione indipendente viene dichiarata illegale. Ed è così che scattano denunce e soprattutto arresti. In Turchia ogni libertà viene negata come dimostrano le centinaia di giornalisti, docenti, scrittori, studenti, attivisti arrestati negli ultimi due anni.
La tirranide e la repressione del sultano Erdogan non sono circoscritte al territorio turco: dal 20 gennaio un’offensiva militare sanguinaria dell’esercito turco si è scatenata contro la popolazione curda che vive ad Afrin. Quello che sta succedendo ad Afrin è un genocidio: ogni giorno vengono sganciate bombe sui civili, sugli ospedali, sulle scuole, sulle case (dall’inizio dell’operazione si contano ad oggi più di 260 civili uccisi). Un genocidio guidato dal secondo esercito della Nato, l’esercito turco, dotato di tecnologie israeliane, elicotteri italiani e carrarmati tedeschi.
ll nostro governo rimane indifferente di fronte a tanta violenza, poche settimane fa Gentiloni, infatti, stringeva la mano e incontrava cordialmente Erdogan senza dire una parola su ciò che stava succedendo. Abbiamo applaudito i combattenti curdi che respingevano l’Isis fino alla vittoria di Raqqa e oggi gli stessi sono costretti a ripiegare su Afrin per difendere la popolazione civile, consentendo all’Isis di riprendere ossigeno.
E’ troppo facile condannare gli attentati terroristici senza individuare le responsabilità di chi il terrorismo lo alimenta. Erdogan è un assassino e l’Unione Europea deve smettere di finanziare una dittatura, il nostro governo sta armando l’esercito che sta massacrando la popolazione curda. Vi chiediamo di informarvi, di prendere posizione e di fare sentire la vostra voce in qualsiasi forma. Ogni silenzio è complicità , sosteniamo la rivoluzione del #Rojava contro ogni fondamentalismo.”
L’intervento degli attivisti è dunque stato un’esortazione all’informazione, alla conoscenza, e alla circolazione di informazioni e notizie riguardo l’attuale situazione in Siria, segnata da una guerra sanguinosa ormai dal 2011. Inconcepibili il silenzio e l’indifferenza mediatica con i quali la stampa e i media italiani ed europei in generale stanno affrontando la situazione: dell’assedio alla città di Afrin, infatti, non si è quasi mai sentito parlare sui media mainstream, nonostante l’evidente compartecipazione del nostro governo al conflitto turco-siriano.
E’ di questa mattina la notizia dell’ingresso proprio nella città di Afrin da parte dell’esercito della Turchia di Erdogan, con tanto di cruente immagini che stanno già circolando sui social media. In tutta Italia sono avvenute nelle ultime settimane manifestazioni e presidi in solidarietà ai combattenti della Siria democratica, manifestazioni fondamentali ora più che mai, e utili soprattutto allo scopo di far luce sui mandanti e sui responsabili di questi attacchi, che hanno causato e continuano a causare giornalmente decine e decine di morti e feriti.
Settimana scorsa, inoltre, era stato a Bergamo Davide Grasso, autore del libro “Hevalen: perchè sono andato a combattere l’ISIS in Siria”, ospite del circolo arci Barrio, e aveva risposto a qualche domanda riguardo ad Afrin, la situazione in Siria e le responsabilità italiane. Ecco l’intervista integrale: