Bergamo – Ieri pomeriggio, davanti al comune di Bergamo, si è svolto il presidio contro il golpe di Stato in Bolivia. Una chiamata regionale che ha visto un centinaio di persone esprimere massima solidarietà all’ormai ex presidente Juan Evo Morales Ayma e al popolo boliviano, che in questi giorni sta protestando contro la presa del potere, tramite l’esercito, dell’avvocatessa del partito di estrema destra Jeanine Añez Chávez.
Il presidio è stato promosso dagli esponenti bergamaschi del Movimento al Socialismo (MAS), partito di cui leader è Evo Morales, e all’iniziativa hanno aderito molte altre associazioni e partiti della galassia della sinistra.
Iniziava così l’invito di partecipazione al presidio: “Esprimiamo ferma condanna del colpo di stato che si è realizzato in questi giorni in Bolivia, che si è concretizzato attraverso i pronunciamenti della polizia ed esercito a seguito di fiumi di violenza scatenati dall’estrema destra con pretesti strumentali di presunti brogli nelle elezioni del 20 ottobre che hanno confermato al primo turno Evo Morales presidente.”
Tante e spesso contraddittorie sono le informazioni che girano su internet e i social network: proviamo quindi a ricostruire molto velocemente i fatti che hanno portato alla situazione attuale. Le prime critiche da parte dell’opposizione nascono nel 2016, quando Morales indisse un referendum, per eliminare il limite ai mandati, nel quale venne sconfitto. Morales fece ricorso al Tribunale Supremo, il quale stabilì che il limite dei mandati consisteva in una violazione dei diritti umani. Morales, quindi, poté candidarsi alle elezioni fissate per il 20 ottobre del 2019, vincendo, poi, con più del 47% dei voti. Da questa vittoria iniziarono le proteste violente dell’opposizione.
Violenze atroci che hanno visto scenari come l’assalto della casa del presidente indigeno, la casa della sorella del presidente data alle fiamme, fino a violenze e persecuzioni ai danni degli esponenti del MAS. Violenze inaudite che hanno portato Morales ha dimettersi pur di mitizzare il clima. Ma la mossa successiva dell’opposizione, con il sostegno dei militari, è stata l’auto-proclamazione di Añez come presidente ad interim fino a nuove elezioni, governo prontamente riconosciuto dagli USA.
Durante il presidio si sono ricordate le origini e le riforme che hanno portato Morales ad avere un ampio consenso. Il primo presidente indigeno sindacalista che, sulla scia del socialismo bolivariano, ha portato la Bolvia ad una crescita ogni anno del Pil di più del 4%, che ha portato alla nazionalizzazione delle risorse del territorio (idrocarburi, litio e minerali) e al miglioramento di vita delle classi più povere. Infatti, fra il 2005 ed il 2015 la povertà estrema, in Bolivia, è passata dal 36,7% al 16,8%, mentre il Coefficiente di Gini (idice che misura la disuguaglianza della distribuzione) è passato dallo 0,60 al 0,47. Inoltre, il 20 dicembre 2008 la Bolivia è stata dichiarata nazione liberata dall’analfabetismo, diventando il terzo stato latino-americano a ottenere questo riconoscimento, dopo Cuba e Venezuela.
Insomma, un governo di stampo socialista che ha visto l’attacco a campo aperto da parte dell’estrema destra locale con l’appoggio degli Stati Uniti: vecchi copioni già messi in scena in passato nel Sud America. La situazione non è definitiva e le proteste dei manifestanti pro Morales continuano contro il colpo di stato messo in atto.