L’imbarazzante visita del Presidente dell’Uganda

Il Presidente omofobo, Lady export e HPG23: cosa si nasconde dietro il nuovo ospedale “bergamasco” in Uganda

Bergamo – Il Presidente dell’Uganda Yoweri K. Museveni sarà a Bergamo. Lo scopo della visita è la stipula di un importante contratto per la realizzazione di una struttura ospedaliera specializzata da 250 posti letto, in partnership con l’ospedale Papa Giovanni XXIII e la società multinazionale italiana Finasi. Una società senza dubbio “particolare”: E’ stata partner dell’ALER in investimenti discutibili in Libia, è presieduta da una donna che detiene numerose società offshore ed è implicata in inchieste “simbolo” dell’Italia odierna: dai rapporti con il tesoriere della lega Francesco Belsito alle presunte tangenti sulle commesse di armi targate Finmeccanica nella stessa Libia e negli Emirati Arabi.

La società costruttrice Finasi, Belsito e Finmeccanica: tutti gli affari di “lady export” in Africa

Nel comunicato stampa dell’ospedale Papa Giovanni XXIII si legge che la delegazione africana presente a Bergamo a settembre sarà accompagnata da Enrica Pinetti. Si tratta di Enrica Maria Aristidina Pinetti, originaria dell’Oltrepo pavese, fondatrice della Finasi srl. La Finasi è un gruppo attivo in molti settori, con filiali in Russia e Sudan: fornitura di serbatoi “chiavi in mano” per lo stoccaggio del petrolio grezzo, a Bassora, in Iraq; attrezzature ospedaliere in Africa, Centro e Sud America; vendita di mobili per arredamento a hotel e ambasciate. Sotto il nome di Enrica Pinetti, a volte come azionista, a volte come amministratore delegato, sono state registrate nell’aprile 2008 sette società alle British Virgin Islands: Finasi Engineering Arca Magna for Heritage Conservation, Medfin Engineering Ltd, Finmed Design Consultancy SA, Finasset General Contractor, Hasep Holding Ltd, Asico Consulting Group Ltd. Hanno tutte sede presso il Trinity Group di Dubai. Quasi sempre il ”director” Pinetti lascia l’incarico dopo un anno. Non si tratta in sé di un reato. Certo è che per aprire una società offshore nelle isole caraibiche è richiesto un certificato di residenza che risulti dalla patente, ma anche da una semplice bolletta dell’elettricità.

La Pinetti è stata iscritta pochi anni fa nel registro degli indagati per una presunta vicenda di tangenti nel corso di una fornitura di navi militari con gli Emirati Arabi da parte di Fincantieri. La Finasi era stata perquisita insieme a Fincantieri nell’ambito di un altro filone dell’inchiesta su altre presunte tangenti pagate questa volta in Libia per una commessa di navi militari del 2008 subito dopo l’accordo di Berlusconi con la Libia del Colonnello, poi sfumate per la caduta del regime di Gheddafi. Entrambe le indagini derivavano dall’inchiesta che aveva portato all’arresto dell’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, all’epoca vicepresidente di Fincantieri. Pronta la replica di Fincatieri che aveva smentito ogni addebito.

Certo è che la Finasi era considerata da molte imprese che intendevano investire in Libia un canale sicuro per ottenere entrature presso ambienti militari. Gli avvocati del dirigente del Sismi Marco Mancini, accusato nel corso del processo sulla extraordinary rendition dell’egiziano residente a Milano Abu Omar, avevano chiesto al Direttore del Sismi una serie di verifiche su operazioni o incartamenti. Una riguardava proprio Finasi. Gli avvocati avevano chiesto se risultasse «agli atti della Divisione del Servizio di appartenenza del Dott. Mancini… (che Finasi) otterrebbe regolarmente i pagamenti di tutte le commesse (ricordiamo che opera in una vastissima gamma commerciale) ricevendo con molta facilità visti di ingresso e trattamenti privilegiati in relazione ai contatti stabiliti con alte personalità libiche. Da evidenziare inoltre che, in via strettamente confidenziale, si è potuto apprendere che Finasi Spa sarebbe un ottimo ‘vettore’ per stabilire rapporti commerciali con personalità diplomatiche e militari libiche vicine al Colonnello».

Tra gli investimenti e le commesse ad aziende italiane dalla Libia spiccavano, secondo la Camera di Commercio, Finaset (trading edil procurement) che attraverso la Cogel (GilafGroup) aveva ottenuto un contratto per la ristrutturazione delle facciate di alcuni palazzi la cui architettura risale alla presenza italiana in Libia, vicini alla centralissima Piazza Verde: il Ministero delle Finanze e l’ex-tabaccheria o monopolio dei tabacchi, il castello di Tripoli che ospita il più importante museo della capitale, di un’altra struttura che avrebbe dovuto trasformarsi in museo personale di Gheddafi, delle centralissime gallerie ‘De Bono’, ‘Mariotti’ e ‘Aurora’ e della Medina. Importo globale: diverse centinaia di milioni di euro.

Proprio quei lavori di ristrutturazione erano stati alla base della polemica che aveva investito l’ALER. La società regionale che dovrebbe occuparsi di edilizia residenziale pubblica, cioè di diritto alla casa per i cittadini lombardi, aveva infatti costituito una società controllata al 100% – la Asset – che era entrata in società proprio con la Finaset di Pinetti per i lavori di ristrutturazione in Libia. La società si è rivelata presto una voragine di debiti ed è poi fallita dopo aver perso milioni di euro all’anno, attraverso una serie di operazioni spregiudicate e certamente contrarie alle proprie finalità istituzionali.

La Pinetti deve senza dubbio avere entrature molto importanti anche in Uganda. Nell’agosto 2014, nel corso delle discussioni sul nuovo ospedale ugandese in accordo con il Papa Giovanni, un alto funzionario del ministero della salute ugandese, Frank Mugisha,  è stato rimosso dall’incarico dal Presidente Museveni a seguito di una denuncia della Pinetti, che aveva accusato Mugisha di averle chiesto una tangente del 20% sui lavori. Solo un mese prima aveva incontrato lo stesso Presidente in qualità di manager di una compagnia italiana di caffè, l’Uganda Vinci Coffee Company ltd, in procinto di aprire uno stabilimento nel paese centrafricano.

L’ultimo tassello degli affari della signora Pinetti in Uganda è proprio l’ospedale che verrà realizzato dalla stessa Finasi in società con la ugandese Roko a Lubowa, sulla strada per Entebbe. Si tratta di una struttura ad alta specializzazione che vede coinvolto l’Ospedale Papa Giovanni XXIII che fornirà supporto tecnico attraverso una convenzione che verrà presumibilmente siglata proprio in questi giorni a Bergamo con il Presidente Museveni.

Un paese in bilico tra petrolio e diritti umani

“Uganda: Land of opportunities” è il titolo della conferenza organizzata il 22 settembre presso la nuova Aula Magna dell’Università di Bergamo a S. Agostino. Il Presidente Museveni, ospite d’onore, terrà una relazione per esporre le opportunità del suo Paese. Opportunità non certo per tutti, visto che l’Uganda è ben lungi da un modello di società aperta, democratica e rispettosa dei diritti umani.

L’economia dell’Uganda, paese essenzialmente agricolo, conosce una svolta nel 2006. La compagnia petrolifera anglo-irlandese Tullow scopre un giacimento di 1 miliardo di barili di riserve di petrolio nella regione del lago Alberto. Alcune stime dicono che le riserve potrebbero aumentare fino a 6 miliardi di barili (contro i 20 ad esempio degli Stati uniti). A dividere le licenze, oltre alla Tullow, sono la cinese Cnooc e la francese Total. Il potere contrattuale del governo ugandese rispetto alle multinazionali appare nimore di quello degli altri stati africani. La partecipazione agli introiti dallo sfruttamento dei giacimenti petroliferi potrebbe scendere al di sotto del 50%, mentre le compagnie potrebbero raggiungere il 35% di profitto sugli investimenti. Molto opaca risulta essere la gestione degli accordi con le multinazionali. Alcune clausole impedirebbero al governo di incrementare in futuro gli  standard ambientali e di rispetto dei diritti umani, mentre nulle sarebbero le sanzioni per i danni ambientali causati dalle compagnie in un’area che è la decima al mondo per biodiversità. Da quando sono state annunciate le scoperte dei giacimenti petroliferi, si sono inoltre acuite le tensioni tribali tra i diversi gruppi etnici (Bunyoro, i Bagungu, i Alur, i Balaalosi).

A preoccupare sul fronte dei diritti umani è il fenomeno del Land Grabbing. Secondo Oxfam International, con la complicità dell’ente forestale ugandese, dal 2006 al 2010 circa 20.000 persone si sono viste sottrarre la terra arbitrariamente da parte delle multinazionali per dare spazio alle piantagioni della compagnia britannica New Forest Company.

La scoperta recente dei giacimenti petroliferi lascia intuire perché l’Uganda è uno dei principali alleati Usa nelle “operazioni antiterrorismo” in Corno d’Africa. Da diversi anni i militari e gli agenti di polizia ugandesi vengono armati ed addestrati dal Pentagono per contrastare l’organizzazione islamico radicale Al-Shabab che controlla una parte del territorio della Somalia. L’esercito ugandese è impegnato inoltre a fianco dei marines Usa nella Repubblica Centrafricana contro le milizie del Lord’s Resistance Army, il gruppo ribelle guidato da Joseph Kony. Sono oltre 6.000 le truppe speciali Ugandesi assunte da Contractor Americani ufficialmente impegnate in attività di sorveglianza in Iraq e Afganistan, ma in pratica utilizzate in prima linea contro i gruppi legati ad Al Qaeda e contro i Talebani. L’Uganda è la principale potenza militare nella regione dei grandi laghi, la cui stabilità può essere garantita solo attraverso la collaborazione di Kenya, Etiopia e Rwanda. Nemmeno l’Italia si sottrae agli affari militari con l’Uganda: Agusta westland (Finmeccanica) ha recentemente stipulato un contratto per la fornitura nel 2015 di elicotteri militari all’esercito ugandese. Altri accordi erano stati stipulati nel 2007 con Finmeccanica (elicottero da 5 milioni di euro) e con Selex Communications (oggi confluita in Selex ES, Finmeccanica) per l’acquisto di quattro motoscafi intercettori superveloci e il sistema di comunicazioni “Tetra” per il pattugliamento del lago Vittoria (valore complessivo 6 milioni di euro).

Attualmente l’Uganda ha un indice di sviluppo umano che la colloca al 146esimo posto su 177 paesi al mondo. Più del 35% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. La popolazione vive con una media di 1,5 dollari al giorno. L’Uganda ha da quasi 30 anni lo stesso capo del governo, Museveni, in carica dal 1986. In base al rapporto annuale di  Transparency International nel 2014 l’Uganda si posiziona al 142esimo posto su 175 paesi per indice di corruzione percepita, insieme alla isole Comore e all’Ucraina. Leggermente meglio va sul fronte della libertà di stampa: nella classifica dell’anno scorso di reporter senza frontiere figura al 97esimo posto su 180 paesi. Non così distante dall’Italia, scivolata nello stesso anno al 73esimo posto.

“Kill the Gay Bill”: persecuzioni naziste verso gli omosessuali

L’Uganda, proprio a firma del Presidente Museveni, ha varato l’anno scorso una legge che prevede l’ergastolo per gli omosessuali recidivi, vieta qualsiasi propaganda dell’omosessualità e rende obbligatoria la denuncia delle persone omosessuali. La legge è stata approvata dopo che i promotori avevano stralciato la possibilità di comminare agli omosessuali alla pena di morte. Il provvedimento, noto come “Kill the Gay Bill”, ha rievocato, per il Premio Nobel per la Pace Desmond Tutu, le persecuzioni naziste. Anche il segretario di stato statunitense John Kerry l’aveva paragonata alla legislazione antisemita dell’epoca nazista. La reazione degli Stati Uniti appare però ipocrita e di facciata, proprio per gli interessi economici e militari che li legano all’Uganda. La chiesa cattolica, in un paese in cui è radicata tra il 42% della popolazione, si è divisa: l’arcivescovo Blume ha condannato la legge, mentre quello che viene considerato il vero rappresentante del Vaticano in Uganda, l’arcivescovo di Kampala, Cyprian Lwanga, ne è uno dei suoi sostenitori. Una forte polemica era stata sollevata anche in Italia nel 2012 dopo che la presidente del parlamento Rebecca Kadaga si era recata in S.Pietro per ricevere la benedizione dal Papa solo due giorni prima della discussione della legge omofoba. Un evento per il quale aveva persino ritardato il funerale del padre, facendone conservare la salma per una settimana presso l’ospedale generale di Mulago.

Il primo agosto la legge è stata annullata per un vizio di forma nella sua approvazione, tuttavia l’omosessualità rimane illegale e punibile con il carcere anche in base alla vecchia legislazione tornata in vigore dopo l’annullamento della nuova. I gay in Uganda sono spesso vittime di molestie e minacce di violenza, con le organizzazioni dei diritti umani che hanno denunciato anche stupri “correttivi” ai danni delle lesbiche.

Un’approfondita ricostruzione dello scenario politico e dei motivi che legano l’approvazione della legge alla necessità di Mugave di rimanere al potere in vista dell’avvio dello sfruttamento dei giacimenti petroliferi prevista per il 2016 è stata scritto da Fulvio Beltrami.

Print Friendly, PDF & Email

One Response

  1. Michele Scandroglio
    Michele Scandroglio at |

    Magnifico articolo raffazzonato da Wikipedia. I contratti fra multinazionali e il governo chissà dove sono stati letti (o inventati …) visto che tipicamente non vengono sbandierati men che meno se imbarazzanti. Per non parlare della lista che viene fatta di contratti, forniture, appalti, volti solo a spettacolizzare normale business e fare sentire un poveraccio truffato chi legge. Infine, mica serve la residenza in un paradiso fiscale per aprirvi una società: la residenza serve soltanto per NON pagare le imposte in Italia allo stacco del dividendo (e nessuno ci dice che sia questo il caso).

    Reply

Leave a Reply

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.