Un gruppo di manifestanti in piazza venerdì 6 maggio a Bergamo ha tentato di bruciare una bandiera della CISL. Il segretario provinciale CGIL Luigi Bresciani non trova niente di meglio, secondo quanto riportato dall’Eco di Bergamo, che attribuire il gesto ad appartenenti ai centri sociali aggregati alla manifestazione. La realtà dei fatti – Bresciani era presente e lo sa bene – è un’altra. La bandiera della CISL è stata bruciata proprio durante il comizio dello stesso segretario provinciale. Senza, tra l’altro, che i numerosi manifestanti siano intervenuti a fermare o anche solo a fischiare o isolare il gruppo di contestatori della CISL. Evidentemente chi ha compiuto quel gesto ha voluto esprimere tutto il proprio disprezzo nei confronti di chi svende i diritti dei lavoratori. Un sentimento diffuso lungo tutto il percorso delle migliaia di lavoratori che hanno aderito al corteo indetto in occasione dello sciopero generale di venerdì.
Perché allora Bresciani mente pubblicamente, sapendo di mentire? Il segretario della CGIL non può ammettere che gran parte della base del suo sindacato sia insofferente o, in alcuni casi, addirittura esasperata per le politiche degli accordi separati al ribasso portata avanti negli ultimi anni dagli altri sindacati confederali. Bresciani nasconde la rabbia dei suoi sperando di riuscire a contenerla e forse di soffocarla in un secondo momento. I segnali di un ritorno al patto concertativo tra la Triplice ed il padronato ci sono tutti. E Bresciani non intende rovinare la futura “svolta” proprio adesso e a causa delle intolleranze della base del suo sindacato. Il messaggio di Bresciani è chiaro. La bandiera non conta. Bresciani parla al futuro. O i lavoratori, gli iscritti e i simpatizzanti sono disposti ad ingoiare la “pillola amara” della ritrovata unità sindacale con CISL e UIL oppure sanno ciò che li aspetta.
Ma non è ancora tempo di ultimatum. Lo sa bene Simone Grisa della FIOM che minimizza il fatto e dichiara: ”Può capitare che un lavoratore esasperato bruci una bandiera in piazza; molto più grave è che un sindacato accetti le deroghe al contratto dei metalmeccanici”. Interpreta così il tentativo di una parte della CGIL di sperimentare percorsi nuovi. Infatti non tutti i delegati e gli attivisti del sindacato di via Garibaldi fingono di non vedere che la maggior parte dei lavoratori fatica a riconoscersi in un sindacato che non riesce ad uscire da una prospettiva di semplice resistenza. Una parte della CGIL non vuole l’unità confederale con chi ha legittimato ogni tipo di deroga ai contratti nazionali, con chi ha tacitamente accettato l’uso indiscriminato dei contratti-spazzatura per i precari, con chi ha permesso le delocalizzazioni, firmato le dismissioni delle fabbriche, le cessioni dei rami d’azienda, la cassa integrazione e le mobilità senza indire un solo giorno di mobilitazione.
Ma, nel gioco delle parti, questa cosa è impossibile da ammettere. Lo sa bene il segretario provinciale CISL Ferdinando Piccinini che, parlando di “atto grave” con riferimento alla bandiera bruciata, finge di credere alle parole del collega Bresciani sull’estraneità degli esecutori alla manifestazione. E lo dimostra anche il segretario Bresciani, che ha imparato dalla politica che l’importante non è dire cose che corrispondano ai fatti reali, ma essere il primo a smentire, a scaricare su altri le colpe, a confondere. Mentre si lavora nell’ombra per rispolverare le alleanze di sempre. Tanto la piazza cosa vuoi che capisca?