Riceviamo questo articolo da un nostro lettore, sulle criticità della Linea C degli autobus ATB.
“Il 21 giugno uscì su “L’Eco di Bergamo” un articolo intitolato “Linea C: oltre 7000 passeggeri al giorno”, contente un’intervista all’amministratore delegato di Atb riguardo un primo bilancio sul funzionamento della Linea C. Ad un primo sguardo emerge un quadro del tutto positivo: i viaggiatori sono “la metà di quelli che utilizzano il tram” e gli investimenti continuano con l’acquisto nel mese di maggio di due nuovi bus elettrici, al prezzo di circa un milione di euro, da aggiungere ai dodici attualmente circolanti. In realtà si cerca solo di mascherare l’ignominioso fallimento che in molti oppositori avevano annunciato fin dalla presentazione del progetto nel 2017.
Già è strano che soli tre mezzi siano equipaggiati con conta-passeggeri, dato che nel capitolato di gara questo dispositivo è indicato come dotazione standard. Ma lasciamo stare. Ciò che importa è invece la necessità, in questo come in tutti i casi, di interpretare i dati: 7000 passeggeri al giorno (feriale scolastico) o, in proiezione, 1,8 milioni in un anno sono numeri che di per sé dicono poco o niente. È, infatti, necessario rapportare la domanda in passeggeri all’offerta in chilometri percorsi dai bus, giusto per avere un metro di valutazione. Ebbene, per la Linea C questo rapporto è di circa 3 passeggeri/km*vett. a fronte degli oltre 5 passeggeri/km*vett. trasportati sul resto della rete: direi che una differenza del -40% rispetto alla media è un bel risultato, no? Per completezza, si sappia che la tranvia movimenta addirittura 7 passeggeri/km*vett (http://www.agenziatplbergamo.it/images/documents/monitoraggio_2016/CNC01-BERGAMO-Anno_2016_definitivo.pdf ; http://www.bergamonews.it/2018/02/03/nuova-linea-c-dellatb-bergamo-allavanguardia-europa/275145/)
Nonostante il palese flop è innegabile che molte sono le variabili in gioco riguardo le previsioni sul traffico di passeggeri, il che è una buona scusante, diversamente se si parla dell’autonomia dei mezzi, quindi del loro numero. Scoprire dopo mesi che 12 mezzi non sono sufficienti per coprire tutta la giornata ha del grottesco, visto che si rende necessario un notevole esborso per evitare che ci siano sempre in circolazione almeno 2-3 bus con motore a scoppio. È addirittura anomalo se si sa che il servizio sulla Linea C può essere fisicamente garantito con l’impiego di soli dieci veicoli; tutti quelli in aggiunta servono a consentire un certo ricambio durante la giornata o comunque sono necessari per dilatare i tempi, in modo tale che con più vetture a disposizione ciascuna percorra distanze più brevi. Già la gestione logistica della ricarica di 12 mezzi con sole sei postazioni di ricarica in deposito è complessa, figuriamoci cosa accadrebbe con due macchine in più da caricare! Il punto è che non c’è abbastanza tempo perché tutte le dodici vetture si ricarichino completamente durante la notte, dal momento che sono necessarie 12-14 ore di attesa, ossia un intervallo più lungo di quello che intercorre tra la riduzione delle corse serali, alle 19, e l’inizio del servizio il giorno successivo alle 6. Sicuramente è uno dei motivi per cui fin dal mattino presto si vedono vari bus a metano lungo la Linea C e non solo verso sera, quando potrebbe essere “normale”. Da notare è che questo accade anche nei pomeriggi d’estate, quando il servizio ridotto inizia molto prima, svelando di fatto che la chiave del problema è senza dubbio l’autonomia dei mezzi.
Probabilmente i vertici di Atb hanno ritenuto che due giorni di test con un veicolo di prova, che seguiva un mezzo della linea 2, fossero sufficienti per avere la certezza che tutto potesse andare liscio, ma evidentemente non è così. È abitudine, prima di partire con una linea totalmente elettrica, essendo questa una tecnologia relativamente nuova, eseguire delle prove con un numero limitato di mezzi per tempi piuttosto lunghi. A Genova da qualche mese sperimentano con un solo veicolo, a Trieste per alcuni mesi è rimasto attivo un servizio sperimentale di navette elettriche; pure nella vicina Milano, che ha recentemente acquistato 25 bus dello stesso modello bergamasco, le sperimentazioni sugli elettrici erano iniziate nel 2014 con due veicoli. In linea di principio, la possibilità di avviare solo un progetto pilota c’era anche a Bergamo, poiché il contratto con cui sono stati acquistati gli Urbino Electric prevedeva la possibilità di ordinare un primo lotto da sei pezzi ed esercitare l’opzione per gli altri entro dodici mesi dall’aggiudicazione della gara. In tale scenario si sarebbe potuto provare alcuni Urbino a regime per qualche mese e poi decidere se ordinare il resto della flotta oppure vagliare altre opzioni.
Tuttavia, anche senza alcun tipo di sperimentazione sarebbe stato facile accorgersi dei problemi con l’autonomia. Nella città tedesca di Hannover, infatti, dal 2016 degli Urbino Electric come quelli di Bergamo viaggiano tutti i giorni su una linea circolare lunga circa 30 km, proprio come la Linea C. Molto interessante riguardo a questa esperienza è la pubblicazione di alcuni dati sugli effettivi consumi dei mezzi sul sito dell’azienda che gestisce il servizio (Üstra): con essi sarebbe stato decisamente facile avere una stima attendibile dell’effettiva capacità di coprire un’intera giornata di lavoro. Appunto, rapportando i dati tedeschi agli Urbino bergamaschi, che hanno batterie con capacità doppia, si evince che al massimo con una ricarica si arriva a 150-160 km di autonomia, che si riducono a meno di 100 con il riscaldamento o l’aria condizionata accesi. Ma ecco che con quattordici autobus a disposizione si riesce a stare senza problemi sotto la soglia dei 150 chilometri percorsi in un giorno da ciascun mezzo, all’unico costo di lasciare lunghe pause in cui sostare fra una corsa e l’altra.
Sorge allora spontaneo chiedersi come sia possibile che ad Amsterdam, dove con i bus elettrici si è andati ben oltre la sperimentazione, la percorrenza media giornaliera sia di 300 km, a spanne il doppio che a Bergamo. Uno sguardo ancora ad Hannover può illuminare anche su questa questione: la soluzione è la ricarica rapida al capolinea. È una via, a quanto pare, del tutto esclusa a Bergamo, pur avendo enormi potenzialità. Al termine di ogni corsa i veicoli avrebbero la possibilità di riacquisire in pochi minuti l’energia appena spesa, avendo anche la garanzia che il livello di carica delle batterie si mantenga elevato per tutta la giornata (ad Hannover non si scende mai sotto il 50%). In questo modo si sarebbero potuti acquistare quattro veicoli in meno, equivalenti ad un risparmio di due milioni di euro, parte dei quali sarebbe stata sicuramente impiegata per la costruzione dei punti di ricarica rapida al capolinea. In tal modo si sarebbe realizzata un’infrastruttura durevole per la futura elettrificazione della flotta; insomma, tutto il contrario di acquistare elettrobus in grande quantità, visto il loro limitato sfruttamento a fronte di una rapida obsolescenza. Riguardo a questo tema un esperto del settore, Andrea Bottazzi, responsabile manutenzione automobilistica di Tper, ha scritto sulla rivista Autobus che “tutti i modelli di autobus elettrici attualmente in servizio saranno presto sistemi fuori produzione, con gravi rischi di obsolescenza tecnologica precoce e di reperibilità dei ricambi, e con costi molto importanti”; avverte, inoltre, sui rischi della scelta del full service per l’assistenza, come accade per gli elettrici di Atb, poiché “questi costi importanti saranno un onere sistematico, molto alto e per molti anni, per mantenere una tecnologia già obsoleta che permetterà autonomie di servizio non accettabili”.
In breve, c’era da aspettarselo. Difficilmente sapremo come sarebbe finita se fossero state prese in considerazione le alternative invece ignorate: da una sperimentazione più contenuta sulle linee 1 o 3, fino all’implementazione del Metrobus T3, come previsto dalle Linee programmatiche di mandato del Comune di Bergamo. Fretta e ingenuità sono dunque le parole chiave del progetto Linea C e alla luce dei fatti più recenti si direbbe anche opacità. Si è saputo dell’acquisto dei nuovi mezzi soltanto a cose fatte, altro che tutta la pubblicità data alla prima gara, per dipiù i documenti relativi a quest’ultima procedura d’acquisto sono introvabili. Che sia pure questo un tentativo di camuffare l’evidente fallimento?”
di Davide Floridi
L’articolo mette in evidenza circostanziate, importanti criticità dentro un’operazione di pura immagine (si dice anche “fumo negli occhi”) – dispendioso tentativo di distrazione del pubblico rispetto a una politica comunale della mobilità e “dell’eco-sostenibilità” che di progressivo non ha proprio nulla. Trasporto pubblico insufficiente, screditato e disincentivato dall’assenza di misure antitraffico e persino dalla costruzione di nuovi parcheggi a ridosso del centro… ci si meraviglia che nella classifica dei 50 maggiori capoluoghi censiti da Euromobility Bergamo sia ormai da un quinquennio in caduta libera? Sia detto di sfuggita, questo tracollo di qualità coincide con il mostruoso sviluppo dell’aeroporto di Orio (con tutti gli annessi e connessi) – incoraggiato dalla giunta Gori – da cui le immaginabili e del tutto incontrastate conseguenze sul carico di traffico e di inquinamento che gravano sulla città.
Per non farla troppo lunga e tornare al tema dell’articolo col suo significato più ampio, sembra proprio che quanto alle tanto sbandierate “mobilità sostenibile” e “green politics” il motto “molto fumo e niente arrosto” ben si addica all’amministrazione di un sindaco nato e cresciuto come imprenditore di immagine. Forse se ne stanno accorgendo anche all’Unesco.