Picchetto alla MTN: il diritto a venire pagati

Chignolo d’Isola – All’alba del 1 ottobre gli autisti della ditta MTN hanno bloccato i cancelli dell’azienda, bloccando l’attività dell’azienda e reclamando il proprio diritto a venire retribuiti per il lavoro svolto. Gli autisti difatti esigerono il pagamento di arretrati che ammontano a cifre fra i 30 mila e 43 mila euro. Non si tratta più di non avere soldi per mettere la benzina nel furgone, ma di non riuscire nemmeno più  a mettere un piatto in tavola per i propri figli.

Un gruppo composto da un centinaio di persone ha quindi impedito l’accesso e la l’uscita di furgoni dalla ditta. Gli autisti della MTN hanno ricevuto la solidarietà di facchini facenti parte di aziende del territorio bergamasco e milanese.

Attorno alle 8, con l’arrivo del proprietario dell’impresa, si è potuto avviare la trattativa, che si è protratta per circa 12 ore. Alle 8 di sera, la situazione è tuttavia ancora molto complessa e drammatica. Vi è un’istanza di fallimento della MTN che di fatto impedisce l’acquisizione delle retribuzioni dovute da parte degli autisti. Su tale situazioni tuttavia SI Cobas Bergamo sta tentando di raggiungere un accordo. Entro domani vi è la promessa di formalizzare una data entro cui saranno versate le prime rate d’acconto degli stipendi. In caso contrario vi sarà un nuovo blocco dei cancelli indetto per Venerdì 3 ottobre. Tale picchetto verrà istituito coinvolgendo gli operai di altri settori dell’azienda.

Vi è un dato che emerge da questa contestazione. Chi sta manifestando sono i cosiddetti “padroncini”, lavoratori costretti ad aprire partita IVA per potere lavorare. Una forma di precariato diffusa e feroce che scarica i costi sul lavoratore, in questo caso i costi di manutenzione dell’automezzo e di benzina, aumentando allo stesso tempo la flessibilità dell’autista stesso che viene chiamato a seconda dei flussi e della quantità di lavoro giornaliera.

Quello di oggi pertanto non è uno sciopero, ma un picchetto. Non è stato indetto attraverso le vie burocratiche che regolano questo istituto, ma direttamente sul campo, dalla stanchezza, dallo snervamento, dalla rabbia di chi non ha più da mangiare. Il lavoratore costretto alla partita IVA non può scioperare, ma può protestare.

 

 

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