Protesta davanti alla Camera di Commercio

Bergamo – Oggi, 23 ottobre i lavoratori e le lavoratrici hanno presidiato l’ingresso della Camera di Commercio di Bergamo.

E’ dal 13 ottobre che i dipendenti della CCIAA di Bergamo sono in stato di agitazione a seguito del disegno di legge di riforma della Pubblica Amministrazione varato dal governo Renzi.

La critica dei sindacati è rivolta all’articolo 9 del decreto, che prevede l’abolizione del diritto annuale (versato dalle imprese) ed il trasferimento del registro imprese dalle camere al Ministero dell’industria e dello sviluppo economico: il diritto annuale verrebbe progressivamente ridotto e con esso il patrimonio reinvestibile che le camere hanno a disposizione per investimenti diretti nel territorio bergamasco e nelle piccole e medie imprese locali; in questo modo la Camera di Commercio viene esautorata di prerequisiti fondamentali, impoverendo complessivamente i servizi come consulenza e supporto all’avvio di imprese giovanili e  di start-up, tanto care al premier Renzi, la registrazione dei marchi di fabbrica (tra cui il Made In Italy) ecc.

Questa manovra avrà significative conseguenze sui lavoratori e sulle lavoratrici mediante il taglio a livello nazionale di 2600 posti di lavoro, su un totale di 10000 dipendenti; la protesta camerale confluirà domani nello sciopero nazionale proclamato da Usb. D’altra parte a risentirne sarà anche il territorio, privato di un servizio di eccellenza nazionale e di importanza fondamentale soprattutto per le piccole e medie imprese, che caratterizzano il territorio bergamasco. Propagandando un risparmio sulla spesa pubblica, si preme per l’autoriforma di un ente, le Camere di Commercio, che, grazie ai tributi versati dalle imprese, ha un bilancio proprio e non grava in alcun modo sulla spesa pubblica.

La riforma non danneggerà le grandi aziende, le quali, si avvalgono di tali servizi mediante le associazioni di categoria padronali. A subire questo taglio saranno, invece, le forme di lavoro autonomo più fragili, che private delle garanzie del lavoro dipendente, si sono trovate a svolgere le medesime mansioni senza tutele, come lavoratori e lavoratrici a partita IVA, autonomi, in ritenuta d’acconto… Proprio per questa categoria l’accesso a tali servizi sarà più difficoltoso e oneroso.

La strategia economica di Renzi sembra essere sempre più chiara: il rottamatore segue pedissequamente la strada, intrapresa dai governi precedenti, di precarizzazione e flessiblizzazione del mondo del lavoro, istituzionalizzando contratti atipici come norma di assunzione e smantellando l’ultimo baluardo di un sistema di garanzie ormai superato, l’articolo 18. Contempraneamente si cancellano servizi essenziali per le nuove categorie di lavoro flessibile create da questo modello produttivo.

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