Sviluppo economico o salute? Il falso dilemma dell’aeroporto di Orio

Bergamo – Anche il Villaggio degli Sposi si schiera contro l’aeroporto: alla partecipata assemblea di giovedì 6 luglio il comitato di quartiere Perilvillaggio ha ribadito la necessità di mettere un tetto alle rotte degli aerei e di vietare i voli notturni, già illega secondo il Piano di sviluppo di Sacbo del 2003 ma di fatto ancora presenti.

Queste richieste sono in linea con quanto afferma il Coordinamento dei comitati per l’aeroporto, che riunisce i rappresentanti sia dei diversi comitati dei quartieri di Bergamo (come Campagnola), sia dei paesi vicini all’aeroporto (Orio, Grassobbio, Azzano…). Giovedì sera, a questo gruppo si è aggiunto anche il neonato comitato del Villaggio degli Sposi, quartiere notevolmente penalizzato dal traffico aereo, sia in termini di rumore che di inquinamento. I comitati hanno rilanciato la protesta, che continuerà con una lettera per la prefetta, firmata da sindaci e cittadini, e con una grande manifestazione presso l’aeroporto a settembre.

L’aeroporto di Orio è da tempo al centro di numerose polemiche: basti pensare che dal 2003 (anno di primi accordi con Ryanair) la crescita dello scalo è stata costante, giungendo a 25 milioni di passeggeri nel 2010. Ad oggi, comunque, non ci sono segni di arresto: l’aeroporto ha tagliato da poco il traguardo delle 10.400.000 presenze nel 2015, divenendo il terzo più trafficato in Italia, nonostante una delibera della Regione Lombardia (la n. 12564 del 28/3/2003) e l’autorizzazione ministeriale (VIA) del 2003 indichino chiaramente dei limiti inferiori per lo sviluppo dello scalo, in termini di unità di traffico; anche le misure compensative (insonorizzazione delle case) vanno a rilento e, invece che terminare nel 2013 come promesso, sono ancora in corso.

Le prospettive per i prossimi anni, poi, non prevedono riduzioni, anzi: Ryanair ha già annunciato che Orio funzionerà da scalo, attivando una serie di coincidenze tra voli che in poco tempo lo renderanno uno dei maggiori hub europei.

Il problema si trascina da diverso tempo: ad Ottobre una manifestazione dei comitati aveva riacceso i riflettori sul mancato rispetto dei limiti pattuiti da Sacbo in diversi accordi degli scorsi anni. Ultima in ordine di tempo, poi, la mossa di Gori, che ha ridistribuito il disagio delle rotte in modo più ampio sul territorio, ha avuto come unico effetto quello di estendere la protesta. Infatti, dicono i sindaci dei paesi confinanti e i comitati, la soluzione non può essere una ridistribuzione delle rotte, ma un tetto massimo ai voli: solo così ci sarebbe davvero equilibrio tra lo sviluppo dell’aeroporto e la vita degli abitanti di Bergamo. Inoltre, i comitati rifiutano la logica della compensazione, che prevede un rimborso monetario o in termini di servizi (strade, rotonde ecc.) per i comuni più colpiti dall’inquinamento aereo; ma i cittadini non ci stanno e declinano l’offerta, sostenendo che la salute non sia monetizzabile e perseguendo nelle loro richieste.

Proprio questa (apparente) contraddizione è il nocciolo della questione: sembra che la scelta inevitabile sia tra uno sviluppo economico del territorio (con conseguenti vantaggi per la popolazione) e la salute dei cittadini che vi abitano. In realtà, è un falso dilemma: se è innegabile che l’aeroporto ha portato notevoli vantaggi economici, contribuendo allo sviluppo della città, è altrettanto vero che gli utili maggiori non ricadono sulla popolazione, ma su pochi grandi attori, come Sacbo e Ryanair. A maggior ragione, in molti si chiedono che vantaggi effettivi ci saranno per la città quando Orio diventerà uno scalo, semplice collegamento per portare i passeggeri (e i loro soldi) in altri territori.

Assente in questo dibattito è l’amministrazione locale e regionale, in più accordi investita del compito di vigilare sul rispetto dei patti, che però sembra più interessata alla tutela degli interessi di pochi: a parte infatti i sindaci dei paesi limitrofi, la crescita smisurata dell’aeroporto e le sue conseguenze non appaiono preoccupanti per la Regione e il sindaco di Bergamo, da sempre favorevoli all’incremento delle rotte. Dopo l’ultima sperimentazione voluta da Gori, che ha subito dovuto fare dietrofront tra le polemiche, appare però chiaro che non sia più possibile evitare il problema: la giunta comunale non può più ignorare chi vive sul territorio.

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