Bergamo – Da oggi al Baretto dello stadio non resta che attendere la decisione del Questore Finolli, dopo la protesta di sabato che ha ribadito l’insensatezza di questo provvedimento. La petizione online “No alla chiusura del Baretto”, dopo soli tre giorni ha raggiunto le 1500 firme, superando l’obiettivo prefissato.
Chiare le parole espresse da Sara Mazzoleni, una delle titolari del locale: “Ci sono gli organi competenti, non deve essere una semplice barista, che fa Campari col bianco, a dover salvaguardare il territorio”. Non sta certo a una lavoratrice chiedere la fedina penale al cliente che sta servendo.
La linea dura della questura contro la curva atalantina continua comunque a suscitare numerose opposizioni in città: in questo clima di polemiche, stona completamente la posizione del consigliere regionale Belotti, che per criticare il prefetto Ferrandino, promosso dal ministro Maroni nel 2010, non trova nulla di più grave se non la sua provenienza geografica: il solito goffo tentativo di distogliere l’attenzione dalle responsabilità che il suo partito, e il ministro Maroni in primis, hanno svolto nella repressione del movimento ultras.
Prefetto e Questore, dopo gli scontri del 22 novembre seguiti a Atalanta-Roma, stanno mettendo in pratica una strategia repressiva che è ormai palese: vanno colpiti non sono gli eventuali Ultras responsabili di violenze, ma gli ambienti limitrofi. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: nessun bergamasco è più potuto entrare allo stadio senza tessera e un bar con una clientela ben più vasta di sei tifosi rischia di vedersi sospesa la licenza, da quando nel dopo Atalanta-Roma sono stati tradotti in carcere 6 ragazzi, ora liberi perché sono decaduti sei su otto capi d’accusa che la Questura aveva comminato. Potremmo sintetizzare la strategia repressiva con lo slogan: colpirne cento per educarne uno.
La mobilitazione contro il provvedimento di chiusura è stata comunque partecipata e le perplessità sono emerse anche sui media locali, solitamente coro unanime contro il movimento ultras bergamasco. Ora la palla torna nelle mani del Questore, che, valutate le dichiarazioni dell’avvocato del Baretto, deciderà a propria discrezione se applicare o meno il provvedimento. Il rischio per Finolli è enorme: la sua richiesta è stata accolta dalla città come impopolare, spropositata e ingiusta; applicarla a questo punto dimostrerebbe la debolezza di istituzioni capaci solo di sparare nel mucchio. Dall’altro lato, anche ritirare la richiesta di sospensione della licenza sarebbe l’ammissione di aver oltrepassato i limiti.
Per molte persone la repressione ultras potrebbe essere un problema secondario, o addirittura motivo di soddisfazione e di “giustizia compiuta” contro quei “teppisti”. Ma la questione va ben oltre; con la scusa del’ordine pubblico, si sta assistendo ad una serie di mosse e provvedimenti che in città non hanno precedenti: la sospensione dell’accesso al Comunale senza tessera del tifoso, l’accanimento mediatico particolarmente ricercato nei confronti della curva atalantina e la sospensione della licenza di un bar, solo perché frequentato anche da ultras.
E’ evidente come la questione non riguardi più solo il tifo organizzato atalantino, ma tutta la cittadinanza, vittima di ordinanze repressive che limitano la libertà di ognuno .Gli abusi su una minoranza, se non incontrassero resistenza, potrebbero essere estesi al resto della cittadinanza.