Circa un anno fa la giunta comunale ha deciso di eliminare la situazione di “disordine” (secondo l’assessore Invernizzi) creata dai parcheggiatori abusivi davanti all’ospedale Riuniti di Bergamo. In questo anno i ragazzi si sono aperti alla città, in varie occasioni, per spiegare i loro motivi e bisogni. Dopo questo periodo, un cittadino ci ha spedito la seguente lettera, ponendo l’attenzione su questa, spesso ignorata, situazione.
È passato poco più di un anno da quando abbiamo mosso i nostri primi passi incerti al parcheggio dell’ospedale ed ancora oggi ci sentiamo obbligati a scrivere l’ennesima lettera aperta alla nostra città. In questo anno li abbiamo conosciuti ed abbiamo cercato in tutti i mezzi a nostra disposizione (lettere aperte, comunicati stampa, conferenze ed assemblee pubbliche, etc…) di fare in modo che anche la nostra città li conoscesse.
Abbiamo spiegato infinite volte che riteniamo inutile e spudoratamente propagandistico spendere soldi pubblici per risolvere un problema che ai nostri occhi non è certamente legato in alcun modo alla “sicurezza” e che invece mira al diniego dei diritti delle persone.
Noi abbiamo scelto consapevolmente di farci megafono di chi lo spazio nel dibattito pubblico per esprimere la propria voce e il proprio punto di vista non l’aveva. Ci siamo impegnati nel processo di trasformazione di un “oggetto” in “soggetto” perché in questo crediamo consista la vera politica che concorre al bene comune.
È passato un anno e non è cambiato niente né al parcheggio dell’ospedale né nella logica dell’amministrazione della “cosa pubblica”.
Al parcheggio dell’ospedale alcuni dei nostri amici “parcheggiatori abusivi” ci sono ancora e continuano ad esercitare la loro attività. Altri hanno deciso di cambiare città mentre altri ancora si sono semplicemente spostati in altre zone. Qualcuno ha trovato qualche piccolo lavoretto, pagato sempre in nero e con scadenze saltuarie a discrezione dei “datori di lavoro” (in qualche caso sarebbe meglio imparare a chiamarli “sfruttatori”). E qualcun altro invece è ancora in attesa di sapere quando si riunirà la commissione dalla quale dipenderà l’accettazione o meno della sua richiesta di asilo politico.
Ovunque si trovino ed in qualsiasi modo si guadagnino il necessario per sopravvivere la condizione che li accomuna è ancora una volta la precarietà esistenziale prima ancora che lavorativa.
Vivono il presente in costante sospensione. Le leggi, la burocrazia e la miopia colpevole degli amministratori locali gli negano la possibilità anche solo di una minima progettualità utile alla costruzione di un futuro. Non possono neanche decidere quando e come “tornare a casa loro”. Il passato invece li investe ogni volta che si presenta loro il rischio di essere espulsi o rimpatriati. Sappiate fin da ora, sia che voi siate d’accordo o meno, che nessuno di loro tornerà mai a mani vuote nel paese dal quale è scappato.
C’è in gioco molto di più che un semplice orgoglio offeso dal fallimento di un viaggio migratorio ed è una parola che dovremmo imparare a vivere più spesso: “Responsabilità”.
Ed il tempo che viviamo oggi è ormai maturo per farsene una ragione e su questa costruire veri percorsi di vita politica.
La logica sottesa nelle ordinanze che si sono susseguite nella nostra città non è mai cambiata. Il metodo e l’approccio per affrontare i problemi sono sempre gli stessi. Tutelano una presunta millantata “sicurezza” percepita a discapito della dignità delle persone. Un esempio recente è ovviamente l’ordinanza “anti-prostituzione” emanata dal nostro sindaco Tentorio il 25 marzo e fortemente voluta dall’assessore alla sicurezza Invernizzi.
Con la scusa dell’intralcio del traffico automobilistico si multano le persone che si prostituiscono (non sempre e solo donne), e teoricamente anche i clienti.
Finora su 5 multe elevate sapete quante di questo sono indirizzate ai clienti? Zero.
Tutto questo con l’ovvia conseguenza che il fenomeno della prostituzione andrà a nascondersi sempre di più dentro qualche appartamento privato. Lascerà sicuramente pulite le strade e le nostre coscienze perché non saranno più turbate dal vedere corpi mezzi nudi sul ciglio del marciapiede.
Coloro che si prostituiscono perché ne sono costretti, anche dopo questa ordinanza, continueranno a farlo.
E ne saremo responsabili anche noi, non avendo voluto o saputo offrire loro gli strumenti utili per riscattare la propria libertà. E cosa ancora più grave avremo lasciato ancora una volta che la dignità fosse vilipesa ed offerta in sacrificio all’altare superiore della “SICUREZZA”.
Non conosciamo personalmente tutte le persone vittime di questa logica ma non per questo ci esumiamo dall’esprimere il nostro totale disprezzo verso una politica che prima crea i problemi e poi prefiggendosi l’obbiettivo di risolverli altro non fa che nasconderli sotto il tappeto del proprio salotto.
Quello che forse manca alla nostra città non è la capacità di conoscere le storie personali e collettive che si celano dietro i volti delle persone che ci creano “insicurezza” quanto quella di ri-conoscerli parte integrante della comunità.
Sempre che esista ancora una comunità.
Un cittadino di Bergamo “amico dei parcheggiatori abusivi”