Comunicato della Cgil su aperture festive e decreto Salva Italia: “Un caso evidente di incompetenza”

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera, scritta da una nostra lettrice, in risposta al comunicato del 29 marzo della Cgil e le dichiarazioni del segretario generale Filcams-Cgil di Bergamo in questo contenute, riguardo il lavoro festivo in vista delle imminenti giornate di Pasqua e Pasquetta. 

“Scrivo con rammarico in merito al comunicato della CGIL sulle considerazioni fatte dal segretario generale della FILCAMS-CGIL di Bergamo, intervenuto sul lavoro festivo in vista delle giornate di Pasqua e Pasquetta. Infatti le prossime festività pasquali hanno riproposto il tema, sempre “caldo”, del contrasto tra l’eventuale interesse del datore di lavoro alla prestazione lavorativa anche nei giorni di festa e il diritto del lavoratore a godere di tempo libero.

Con questa lettera non è sicuramente mia intenzione difendere le grandi multinazionali del commercio, la dirigenza del centro commerciale di Orio Center o il decreto Monti. È mia intenzione però tutelare i lavoratori e la loro informazione, smascherando le incompetenze di chi dovrebbe difenderli e informarli. Rimane il dubbio se si tratti di reale incompetenza o se sia un mero gioco politico d’attacco. Rimane una certezza: in entrambi i casi tutto questo va a sfavore dei lavoratori.

L’intento del comunicato della Cgil è attaccare il decreto Monti auspicando che il nuovo governo (dove il PD, guarda caso, è escluso) possa fare meglio. E’ vero, di fatto dal 2011 il D.L. 201 del Governo Monti (il c.d. decreto Salva Italia) ha completamente liberalizzato il settore del commercio, abolendo tra l’altro le restrizioni, sino allora esistenti, riguardo l’apertura domenicale e festiva degli esercizi commerciali. Di conseguenza, sulla base della normativa vigente, la richiesta di prestazione di lavoro domenicale da parte del datore di lavoro non può essere rifiutata dal lavoratore, salvo un accordo individuale concordato dal lavoratore per l’astensione dal lavoro per quel determinato giorno.

Ma attenzione: il lavoro domenicale è differente dal lavoro festivo, a livello giurisprudenziale, e mettere tutto nello stesso calderone porta ad una grande confusione. Di fatto un lavoratore non può rifiutarsi di lavorare la domenica, ma può rifiutarsi di farlo durante le festività infrasettimanali.

Diverso è quindi l’approccio che si deve avere nei confronti del lavoro festivo, ovvero il lavoro prestato nei giorni considerati di festività civile e religiosa dall’articolo 2, L. 260/1949 (festività poi ridotte dall’articolo 1, L. 54/1977, individuate quali festività religiose dall’articolo 1, D.P.R. 792/1985, e infine ampliate dalla L. 336/2000, che ha reintrodotto la celebrazione della festa nazionale della Repubblica nella data del 2 giugno di ciascun anno, che pertanto è stato ripristinato come giorno festivo). Il lavoratore, dunque, ha diritto a non lavorare nella festività infrasettimanale e a non vedersi detrarre alcunché dalla normale retribuzione, dal momento che l’assenza dal lavoro risponde all’esercizio di un diritto soggettivo, e in nessun caso un accordo aziendale può comportare il venir meno di un diritto già acquisito dal singolo lavoratore, come il diritto al riposo nelle festività infrasettimanali, non trattandosi infatti di diritto disponibile per le organizzazioni sindacali.

Il rifiuto  di lavorare durante le festività non c’entra nulla con il decreto Monti. E, sinceramente, il Decreto Salva Italia non è di certo un punto da dove partire: è vero non si lavorerebbe la domenica, ma il resto della settimana a quali condizioni si effettuerebbe la prestazione lavorativa? Cara CGIL, bisogna ripensare al mondo del lavoro in toto, abolire in primis il Jobs Act e i contratti che ne derivano, c’è bisogno di informare i lavoratori con comunicazioni chiare e semplici, c’è bisogno di gente competente che possa ricoprire questi compiti. I comunicati confusionali non servono a nulla. E basterà recarsi a Pasqua e Pasquetta ad Orio Center per vedere che quanto sto scrivendo è vero. C’è bisogno di sindacalisti alla vecchia maniera, che scendano dalle loro scrivanie da funzionari e ricominciano ad organizzare le lotte, scontrandosi con la realtà del mondo lavorativo.”

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