Bergamo – Potrebbe essere un’aporia, o un dilemma, è l’abitare che presuppone il costruire, o piuttosto è il costruire che lo ha presupposto?
Periferie scheletriche sono nate dal dopoguerra in poi in Italia, cimiteri di calce e cemento, loculi in cui infilare cucine prefabbricate, frigoriferi a incasso, lavatrici. In via Monte Grigna 11 di lavatrice c’è ne è una per venti abitanti. Ne basta una, questa è la necessità, la scelta.
Una scelta per i giovani precari, studenti universitari, famiglie sfrattate che da Febbraio occupano lo stabile comunale. L’hanno reso agibile dopo che per anni era stato abbandonato e messo in vendita dallo stesso Comune. Non occorre chiudersi nel proprio sgabuzzino di casa per farsi il bucato, meglio aprire e mettere in comune. Così l’operaio a chiamata che studia all’università, il precario del call-center, il ragazzo albanese usano la stessa lavatrice della famiglia marocchina con tre bambini, che sotto sfratto non ha avuto altre alternative che occupare.
La mescolanza che si è creata fa sì che il precario che lavora in una catena di grande distribuzione presti la propria auto al resto della comunità. Qua non si costruisce con i mattoni, sono le relazioni che costituiscono le fondamenta. Qua i figli di una famiglia sono tenuti da tutti, poco importa se italiani, albanesi, palastinesi, giordani o ghanesi.
Il mix abitativo non è uno slogan vuoto da ripetere ai convegni sull’housing sociale, a Monte Grigna il mix è realtà e contemporaneamente risorsa. Gli studenti accompagnano le famiglie nelle scuole del quartiere, per far sì che vengano accolti per il prossimo anno scolastico. E i presidi capiscono, non si trincerano dietro formalismi e burocrazia. Se il sindaco nega le residenze agli abitanti dello stabile occupato, applicando pedissequamente il piano casa di Renzi e Lupi, i dirigenti scolastici vanno oltre. Dall’alto delle loro responsabilità istituzionali non faticano a capire che negare ai bambini l’inserimento a scuola non avrebbe alcun senso se non quello di escludere.
La vita in questo palazzo non è facile, anzi è piena delle contraddizioni, delle fatiche, dei nervosismi che qualsiasi sfida porta con sé. Eppure, allo stesso tempo, è motore di trasformazione all’interno di un contesto urbano liminare, abbandonato a se stesso: Celadina, che diverrà teatro di un festival che da venerdì a domenica prossima animerà quelle vie. Associazioni con progetti nati dal basso, laboratori per bambini, atelier per ciclisti, corsi di orticoltura, musiche, proiezioni occuperanno quelle strade. Almeno per una volta la periferia è posta al centro.
Si costruisce e si abita dalla periferia, nella periferia, con modalità ben diverse da quelle spacciate nelle varie ipotesi di Smart City, o “città intelligente” tanto in voga. In via Monte Grigna c’è un’intelligenza distribuita, condivisa, orizzontale, sociale. Che favorisce la partecipazione dei cittadini e l’organizzazione della città. Che non parte dalle vetrine del centro, dai totem interattivi e dalle piazze fiorite, ma dai muri scrostrati e dalle relazioni tra chi vi abita.