Bergamo – Oggi in via Monte Grigna, a Celadina, il Comitato di lotta per la casa ha annunciato durante una conferenza stampa che tutti gli abitanti della palazzina hanno richiesto che l’anagrafe riconosca loro la residenza. Una risposta diretta alla giunta Tentorio che ha chiesto che alla palazzina abbandonata venisse interrotta la fornitura di energia elettrica. Il comitato rilancia: non solo gli appartamenti sono stati sistemati e abitati, ma chi all’interno di queste mura vi ha trovato alloggio ha diritto a essere riconosciuto come un cittadino a tutti gli effetti, compreso iscriversi all’anagrafe. Un gesto che ribadisce la volontà di restare all’interno di un quartiere che ha percepito l’occupazione come un segnale positivo, rispetto al degrado che l’amministrazione comunale ha contribuito a creare.
Intere palazzine del quartiere sono vuote, non abitate, lasciate marcire, divorate dalla muffa, dalla noncuranza. “Nove appartamenti vuoti su un palazzo di quattordici” denuncia un ragazzo mostrando la palazzina dove vive.
Appartamenti ristrutturati e mai riallocati: basterebbe una ristrutturazione minima come sostiene un altro residente, perché fossero di nuovo usufruibili. “Non si capisce perché non la vogliono fare, oppure si può capire, perché molto probabilmente conviene di più a qualcuno o qualcosa che tutto vada in malora”.
Una di queste palazzine è stata di recente recuperata e riabitata dal Comitato di lotta per la casa: “sta bene così” dice una signora “piuttosto che vedere una casa così grande vuota andare in malora, è meglio così”.
“E’ giusto – afferma un’altra donna – è ora di finirla che i ricchi hanno tutto e i poveri hanno niente”. E’ lo scandalo di case vuote, senza persone, inaccessibili. E di fronte a quest’azione di auto-recupero degli immobili, c’è solidarietà da parte del quartiere.
C’è invece chi regala mobili e letti, c’è chi si offre per piccoli lavori, due punti di filo o cos’altro. C’è anche chi, dopo un primo timore, “passando, vedendo tanta gente lavorare, vedendo gli striscioni”, si accorge di “una cosa fatta bene, fatta come si deve, senza essere eccessivamente invasivi, però facendo sentire, vedere una presenza”. Una presenza dentro un quartiere che si è progressivamente spopolato, una presenza che contrasta con lo stato di abbandono e degrado.
“E se possono farlo loro, che lo fanno con i loro fondi, con la loro voglia, immaginiamoci cosa potrebbe fare un Comune”.
Più si è, più si riesce a costruire e a contenere il disagio economico e relazionale: “se si è in tanti si riesce a darsi una mano, a trasformare, a migliorare la vita di tutti”. Si tratta di abitare il quartiere e il concetto di abitabilità chiama a sé la solidarietà, le reti di relazioni, la vicinanza verso chi è in difficoltà. Celadina, nelle parole dei suoi residenti, stava morendo. Questa riappropriazione “dà il segnale che si può fare”.