Montello – A casa dal primo ottobre dopo un cambio appalto di cooperative: questo è successo a 17 lavoratrici della Montello S.p.a., azienda specializzata nel trattamento dei rifiuti, che hanno però deciso di reagire e si stanno organizzando per opporsi a questa decisione.
Ma cosa sta accadendo nell’azienda della Val Cavallina? Per capirlo ripercorriamo brevemente la storia dell’azienda. La Montello S.p.a. oggi conta 650 dipendenti e si occupa di “attività di recupero e riciclo dei rifiuti di imballaggi in plastica post consumo e dei rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata (Green Economy)”, come si legge dal sito.
“Attualmente nello stabilimento di Montello (BG) vengono riciclate 200mila ton/anno di imballaggi in plastica post-consumo, da cui si ricavano nuovi manufatti, e 600mila ton/anno di Frazione Organica FORSU provenienti dalla raccolta differenziata da cui si ricava biogas utilizzato per produrre sia energia elettrica e termica che biometano, recuperando contestualmente anche l’anidride carbonica CO2 per uso tecnico industriale e producendo un fertilizzante organico di elevata qualità”: insomma, un vero e proprio colosso industriale nel mondo del riciclaggio dei rifiuti.
Ma quali sono stati i problemi che hanno riguardato le 17 lavoratrici? Come si evince dal video, circa il 90% di loro è assunto tramite cooperative, con contratti più svantaggiosi rispetto ad altri stipulati con assunzione diretta: proprio nel cambio appalto spesso dei lavoratori vengono lasciati a casa.
Quando l’appalto della Moltello S.p.a. era ancora in carico alla precedente cooperativa EkoVar, le lavoratrici, iscritte al sindacato Slai Cobas per il sindacato di classe, si sono mobilitate per portare avanti la “rivendicazione di avere pagata per otto ore la giornata lavorativa di otto ore, comprensiva della pausa mensa come in tutti gli impianti a ciclo continuo (Montello non chiude mai, 365 giorni all’anno)”. Nonostante il lavoro comporti “dividere i rifiuti per il riciclo, un lavoro pesante e rischioso per la nostra salute, tutto il giorno in piedi a seguire i ritmi dei nastri trasportatori per separare plastica o materiale anche pericoloso”. Riassumendo, le lavoratrici lottano per il “riconoscimento delle 8 ore di lavoro che devono essere pagate 8 ore. La pausa di mezz’ora, a differenza di altre fabbriche, non ci viene pagata”, come affermato nel comunicato del sindacato di base.
Arrivato il cambio appalto con la cooperativa subentrante Selection, le 17 lavoratrici si sono ritrovate senza posto di lavoro, nonostante, continua il comunicato, “nell’accordo sindacale per il cambio appalto c’è scritto, nero su bianco, che tutte le operaie della cooperativa EkoVar devono passare alla nuova cooperativa, Selection, che da 2 settimane si rifiuta illegittimamente di assumere noi, le 17 operaie, per una sorta di ritorsione”.
Ma questo non significa che la battaglia delle lavoratrici si sia fermata: “Le operaie sono in lotta per rientrare al loro posto di lavoro e rimangono in attesa della sentenza per il ricorso di urgenza ex 700 contro l’esclusione dalla cooperativa presentato al tribunale di Bergamo, processo che si è tenuto l’11.10.2018 ma ancora senza sentenza. Proprio per il carattere di urgenza riconosciuto al ricorso, a margine del corteo, hanno depositato presso il Tribunale Civile di via Borfuro, un appello al giudice che segue il ricorso, a decidere presto perché quasi tutte sono l’unico sostegno per la famiglia”. Inoltre, l’11 novembre è stato anche organizzato un “mail bombing”, cioè un evento in cui si invita la cittadinanza e chiunque sia solidale alla causa a inviare una mail alla Montello S.p.a. per fare assumere le 17 lavoratrici dalla nuova cooperativa e per fare in modo che questa si prenda in carico la situazione.
Stiamo assistendo all’ennesimo caso in cui il cambio appalto, nonostante gli accordi, si trasforma in un gioco al ribasso. Come in altri casi, anche in questo le lavoratrici sono migranti, quindi ricattabili e con una famiglia alle spalle da mantenere. Le responsabilità non sono da imputare esclusivamente alle cooperative, ma, politicamente, soprattutto alle aziende committenti, che pur di non assumere direttamente lavoratori si affidano a questo meccanismo che permette di trarre il massimo profitto con il minimo sforzo e le minime responsabilità. Ma il sindacato di base e le lavoratrici promettono che non si fermeranno e che organizzeranno nuove mobilitazioni.
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