Bergamo – E’ ormai del 2015 la notizia dello scandalo che coinvolse l’ex-questore Fortunato Finolli e che lo vide indagato per induzione indebita e peculato, a causa di un quanto mai sospetto pranzo in compagnia del direttore dell’INPS Angelo d’Ambrosio e di un noto “amico” del questore, ovvero il procuratore della società d’intermediazione di lavoro Maxwork Spa, Giovanni Cottone. I pm Maria Cristina Rota e Fabio Pelosi svolsero le indagini e accusarono Finolli di aver compiuto pressioni sul direttore d’Ambrosio al fine di convincerlo a dilazionare i ben 15 milioni di euro di debito che l’amico-imprenditore Cottone aveva nei confronti dell’INPS.
Partecipando a un pranzo-incontro riguardante un’azienda privata Finolli si introdusse in un contesto, in effetti, entro il quale non si colloca con chiarezza la figura di un questore. Lui si difese affermando che lo svolgimento del pranzo non era stato propriamente illegale, e che era accaduto solo per accertarsi che la Maxwork rientrasse nei giusti parametri per chiedere una dilazione (anche se, dopo l’accaduto, la società si dichiarò completamente estranea ai fatti). L’azienda ricevette un rifiuto della dilazione da parte dell’INPS, nonostante in possesso di tutti i requisiti necessari. Lo stesso d’Ambrosio denunciò di aver subito pressioni a suo tempo, al colonnello della guardia di finanza Antonello Reni, che però venne trasferito da Bergamo, reo di aver volontariamente omesso dal suo rapporto alla procura l’informazione della presenza di Finolli al pranzo.
Nonostante il parere negativo di d’Ambrosio e dell’INPS bergamasca, poi, dalla sede generale di Roma arrivò invece l’ok per concedere ugualmente la dilazione del precedentemente mancato versamento di contributi che la Maxwork doveva ai suoi dipendenti: circa 2000 solo nella sede di Bergamo, dove, dal 2014, è anche collocato il suo direttivo centrale. I lavoratori si trovavano quindi alle prese quindi con un pesante debito, anche se l’azienda stava appunto cercando di pagarlo tramite la dilazione. Nonostante, in effetti, il parere delle singole sedi in provincia INPS non sia di per sé vincolante, è anche vero che solitamente da Roma si seguono le direttive locali per alleggerire il carico di lavoro: non sospettare di eventuali pressioni, fatte proprio da o per conto di Cottone ai vertici dell’INPS della capitale, risulta quindi quanto meno difficile.
Corruzione, peculato e reati tributari e bancari: queste le accuse mosse a Finolli. I “favori” che l’ex questore avrebbe chiesto con tanta insistenza erano convincere d’Ambrosio ad accettare la dilazione, appunto, dei versamenti da parte di Maxwork all’INPS o, ancora, per esempio, forzare il terminale della banca dati per aggiornare la sua situazione penale e consentire così di accelerare i tempi delle pratiche per ottenere il porto d’armi, e fare pressioni ai carabinieri per ottenere in fretta la cittadinanza italiana per la allora fidanzata brasiliana. In cambio, Cottone gli avrebbe promesso una sicura progressione di carriera con nomina a questore di Bologna, oltre a maggiori profitti ed entrate tramite il punto vendita Akai, marchio della MotomElettronis, presso l’aeroporto di Orio al Serio; infatti, come si evince da diverse intercettazioni telefoniche, Finolli avrebbe partecipato con ruolo attivo alla gestione delle attività dell’Akai, e con Cottone e Angelo Abati, anche lui socio indagato per il crac Maxwork, aveva in programma un soggiorno a Napoli per aprire dei punti vendita Akai nell’aeroporto del capoluogo campano. Cottone ha, ovviamente, negato tutto, affermando che quelli che si erano scambiati i due (a tutti gli effetti) “soci”non erano atti di corruzione: solo semplici scambi di favori tra amici.
Che l’ex-questore Fortunato Finolli non fosse esattamente un esempio di virtù lo si poteva già sospettare: venne nominato questore nel 2012, in sostituzione a Vincenzo Ricciardi. Era la sua prima nomina come questore: in precedenza era stato per quattro anni dirigente superiore della polizia di Milano. Nonostante a gran voce esaltasse un finale bilancio positivo, durante il suo mandato si erano già verificati scandali: nel 2013, Finolli fa parlare di sé a causa dei 15 Daspo dati a dei giovani ultras atalantini dopo gli scontri, avvenuti tra tifosi e polizia, in seguito alla partita Atalanta-Juventus: fu per loro previsto l’obbligo di firma durante lo svolgimento delle partite e il divieto di avvicinarsi agli stadi per almeno 3 anni. I provvedimenti contro i tifosi, definiti dallo stesso questore “dei delinquenti”, costituirono per loro una pesante limitazione della libertà personale. Più tardi, nel 2015, Finolli si farà ancora notare nel mondo ultras, e in generale nell’intera città, a causa del provvedimento con il quale richiedeva la sospensione della licenza per l’esercizio del “Baretto” dello stadio. Inizialmente giustificò la richiesta a suon di “problemi di ordine pubblico”, tirando fuori dal cilindro un vecchio regio decreto che poteva determinare la sospensione di qualsiasi attività, più o meno a proprio piacimento, mentre in realtà tentava di far chiudere un luogo di ritrovo per gli abitanti della zona dello stadio e, ovviamente, dei tifosi atalantini. La decisione di sospendere l’attività arrivava infatti dopo gli scontri di Atalanta-Roma, dopo i quali sei ragazzi furono condotti in carcere e poi rilasciati perché sei su otto capi d’accusa caddero in tribunale.
Nonostante la situazione-limite, però, il gip Ciro Iacomino, sebbene i pm avessero richiesto per Fortunato Finolli il carcere, alla fine, ha inizialmente negato per lui qualsiasi tipo di misura, mentre a Cottone sono toccati sin da subito gli arresti domiciliari. Solo successivamente è stato trasferito poi nel carcere di San Vittore, per aver tentato comunque di proseguire i suoi affari anche da casa. Secondo il gip, infatti, Finolli non avrebbe potuto esercitare i suoi poteri per i fini per i quali venne accusato, dato che venne sospeso dal suo incarico già a marzo dello scorso anno, quando scoppiò l’intero scandalo. Ma è di pochi giorni fa però la notizia che vede il tribunale del riesame di Brescia giudicare adatti anche per l’ex questore di Bergamo gli arresti domiciliari: conseguenza che però diverrà esecutiva solo nel momento in cui la Corte di Cassazione dovesse confermarla. I pm Rota e Pelosi sono riusciti comunque a richiedere di congelare beni di proprietà di Giovanni Cottone e altri soggetti coinvolti nel crac Maxwork per un valore di 56 milioni di euro, la somma necessaria a coprire il danno dovuto al mancato pagamento dei contributi per i lavoratori.
C’è ora da vedere se, a parte forse un finale di carriera non troppo roseo, Finolli, tutt’ora a tutti gli effetti ancora un funzionario della polizia di stato, subirà le tutele che il Riesame ha per ora in mente per lui.