“Come Cucchi, Aldrovandi e Sandri”: ora la Clinton punta i riflettori sul caso di Aziz Amiri
MORNICO AL SERIO (BG) – Il Dipartimento di Stato americano ha classificato l’episodio come “omicidio controverso”. Il caso Amiri figura nel capitolo titolato “Privazione arbitraria o illegale della vita” di un importante Rapporto (inglese – italiano) che il Dipartimento di Hillary Clinton dedica ogni anno allo stato dei diritti umani nei vari paesi del mondo. Paesi tra i quali l’Italia non fa certo eccezione. Nella lunga serie di episodi poco chiari finiti sotto la lente di ingrandimento dell’Amministrazione Obama il Rapporto 2010 cita, tra gli altri, i casi di Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri e Stefano Cucchi. Mentre in Italia il caso rischia l’archiviazione, a finire sotto osservazione negli USA è proprio ciò che accadde quella sera del 6 febbraio 2010, quando a Mornico al Serio in provincia di Bergamo, Aziz Amiri, ragazzo marocchino di 18 anni, rimane ucciso in circostanze ancora tutte da chiarire, per un colpo di proiettile sparato dall’arma di un carabiniere.
La versione dei fatti resa dai due militari coinvolti parla di un solo colpo partito accidentalmente in seguito ad una colluttazione. Ma a più di un anno dalle indagini restano molti punti oscuri nella ricostruzione della vicenda fatta dai due carabinieri.
Anzitutto sul numero di proiettili esplosi quella sera a Mornico non vi è alcuna certezza. Almeno un testimone ha dichiarato subito dopo i fatti di aver sentito il rumore di più di uno sparo di arma da fuoco. Forse addirittura tre. Ciò nonostante questa persona non sarebbe mai stata sentita dal GIP nel corso dell’indagine preliminare. E del resto non risulta che alcun residente della via in cui è avvenuto l’omicidio sia mai stato chiamato a testimoniare.
Anche la ricostruzione della dinamica dell’omicidio andrebbe maggiormente approfondita. Rimangono ancora senza risposta tutti i dubbi sollevati dal perito balistico di parte, uno dei massimi esperti italiani del settore, che può vantare nel suo curriculum importanti esperienze professionali in diverse indagini eclatanti: una su tutte il caso di Unabomber.
Elementi che sarebbe stato opportuno approfondire già nel corso dell’indagine preliminare: a breve il GIP Bianca Maria Bianchi dovrà infatti decidere, sulla base degli elementi acquisiti finora, se accettare o respingere la richiesta di archiviazione presentata a marzo dal PM Maria Cristina Rota. Due per il GIP le alternative alla chiusura del caso: la restituzione degli atti alla Procura per un approfondimento delle indagini oppure l’apertura del vero e proprio processo. Una decisione, quest’ultima, in cui certamente spera ora l’avvocato che difende le ragioni della famiglia Amiri, Tatiana Burattin, che ha presentato un’opposizione alla richiesta di archiviazione.
Giunto nel nostro paese da appena due mesi, Aziz Amiri quella sera era seduto sul lato passeggeri di una Peugeot 206 in compagnia di un connazionale. L’auto ferma, davanti al marciapiedi, in un parcheggio non distante dall’oratorio di Mornico, paese della bassa bergamasca. Il conducente discute con un uomo in piedi, appoggiato alla portiera. Quell’uomo, avrebbero detto poi i carabinieri, era un loro informatore. Aveva infatti da poco avvisato i militari che i due marocchini avevano a bordo diverse dosi di cocaina.
All’improvviso una Fiat Punto si arresta dietro l’auto dei due marocchini. Due carabinieri in borghese scendono e si avvicinano alla Peugeot intimando l’alt. A questo punto l’indagine si affida, come unica versione dei fatti, alla successiva ricostruzione fornita dai due militari dell’Arma. Il conducente dell’auto inserisce la retro nel tentativo di fuggire per sottrarsi all’arresto. Ma l’auto civetta dei militari impedisce ogni via di fuga. Le ripetute manovre del marocchino alla guida – nella speranza di aprirsi un varco speronando la Fiat Uno con il lato posteriore della macchina – fallisce dopo pochi secondi. In quei momenti concitati, uno dei carabinieri perde l’equilibrio. Dopo essersi rialzato il militare estrae la pistola e la punta contro il conducente della Peugeot, che, sempre secondo la versione dell’Arma, afferra la mano del carabiniere nell’estremo tentativo di disarmarlo. E’ a questo punto che sarebbe partito il colpo mortale che raggiunge Aziz Amiri al torace. Per Aziz ancora pochi attimi, poi non c’è più nulla da fare. Nella Peugeot verranno rinvenute alcune dosi di cocaina. Ma nessun’arma.
Cosa è successo veramente quella notte del 6 febbraio 2010 a Mornico al Serio, tanto da aver attirato l’attenzione del Dipartimento di Stato americano? Oltre all’indagato e al suo collega, solo un uomo conosce oggi tutta la verità dei fatti. Ma è irreperibile. Prima dell’arrivo dei soccorsi infatti, il marocchino alla guida della Peugeot, amico di Aziz ed unico testimone oculare dell’omicidio, riesce inspiegabilmente a darsi alla fuga a piedi. Cosa ha impedito a due militari armati di trattenere un uomo solo, rimasto chiuso in una vettura bloccata?
E’ forse anche a partire da questi dubbi che il Dipartimento di Stato americano chiede ora all’Italia di fare chiarezza sul caso. E sono proprio questi interrogativi che tormentano da oltre un anno la famiglia Amiri, che si aggrappa ora alla tenue speranza che la giustizia italiana voglia far piena luce sull’omicidio del giovane Aziz.