Bergamo – La prima uscita dell’ufficiale giudiziario è avvenuta il 31 maggio: con tanto di polizia e agenti in borghese, a una numerosa famiglia è stato intimato di lasciare l’appartamento nel quale risiedeva in affitto, ormai dal 1999, presso il nucleo di case popolari del quartiere di Monterosso a Bergamo. Lo sfratto è stato alla fine rinviato da alcuni attivisti di Potere al Popolo- Bergamo, e la prossima uscita dell’ufficiale giudiziario, che vuole essere quella definitiva, sarà alla fine del mese, il 24 giugno.
Come in tante altre situazioni analoghe, a Bergamo e non solo, la situazione della famiglia sotto sfratto è alquanto critica: in totale vivono ben nove persone in quell’appartamento, di cui due disabili. Uno è il più anziano, che nel 2013 ha subito un’operazione al ginocchio e che, per questo, ha perso il lavoro, non essendo più idoneo a svolgerlo, mentre l’altro è un bambino di soli tre anni, disabile dalla nascita. Inoltre sono presenti anche altri due minori, di uno e cinque anni. Nel 2015 il padre di famiglia ha perso il lavoro, dopo diverso tempo passato in cassa integrazione, e da quel momento è stato impossibile per lui sostenere le spese dell’affitto. Questa la difficile situazione; eppure la decisione di Aler di sfrattare la famiglia pare rimanere irreversibile. Potere al Popolo-Bergamo, dal canto suo, ha intenzione di supportare la famiglia e non lasciare che il suo destino sia quello di ritrovarsi d’un tratto per strada, come già avvenuto durante la prima uscita dell’ufficiale giudiziario. E non vuole limitarsi a questo: è previsto, infatti, l’inoltro di una richiesta di incontro con Aler per ridiscutere la decisione dello sfratto e trovare una soluzione dignitosa per un nucleo familiare che si trova in evidente difficoltà. Nel caso, poi, in cui Aler non si dimostrasse disponibile ad un compromesso degno e accettabile per la famiglia, l’intenzione è quella di rivolgersi direttamente al Comune di Bergamo.
Un caso simile è emblematico di come il diritto all’abitare possa essere negato senza se e senza ma, senza tener conto della morosità incolpevole, degli oggettivi ostacoli e delle spese che una famiglia deve sostenere, soprattutto con due soggetti diversamente abili e dopo la perdita del reddito. Il diritto che dovrebbe essere di tutti e tutte ad avere una casa pare essere considerato da Aler come qualcosa da guadagnarsi nonostante tutto, nonostante avversità che non dipendono dalla propria volontà. Aler si assume la responsabilità di cacciare di casa una famiglia che si trova in una situazione del genere senza battere ciglio, dimostrandosi sempre più distante dalle istanze, dai voleri e dai bisogni dei cittadini e dei propri inquilini: oltre a questa particolare vicenda, ciò emerge anche dalla determinazione con cui ha voluto chiudere il portierato sociale in diversi quartieri di Bergamo, nonostante le proteste degli abitanti dei quartieri di case popolari nei quali il portierato era attivo e ben funzionante. A ciò si aggiunge anche la mancata manutenzione di diversi edifici di proprietà dell’Aler in vari punti della città. Resta da vedere se si troverà una soluzione per questa famiglia e se questa giungerà da parte di Aler o del Comune.