Bergamo – “Una mosca bianca” o addirittura “la Stalingrado di Italia”: così è stata definita Bergamo sui social network all’indomani del voto referendario da alcuni esponenti del PD locale. Il riferimento è evidentemente alla vittoria del SI in città con il 53% delle preferenze, mentre il NO si è fermato al 47%, con una differenza di 3862 voti. La situazione appare del tutto insolita nel panorama italiano: esclusi infatti alcuni casi più prevedibili, come Bologna o Firenze, in poche altre città di medie o grandi dimensioni il fronte del No ha subito una sconfitta.
L’anomalia è forse spiegabile con un “effetto Gori”: evidentemente il sindaco gode tra la popolazione cittadina di un certo favore ed, essendosi speso in prima persona in questa campagna, il suo endorsement ha sicuramente favorito il vantaggio del SI. In questo senso, i continui richiami alla non personalizzazione del voto e ad un dibattito “nel merito della riforma” sono stati disattesi sia sul piano nazionale che su quello territoriale: in entrambi gli scenari, infatti, il referendum è diventata una cartina tornasole dell’umore popolare nei confronti dei propri governanti e anche Bergamo non ha fatto eccezione.
Il dato elettorale cittadino, tuttavia, non restituisce un quadro completo della situazione: analizzando i numeri, infatti, emergono diverse sfaccettature.
Innanzitutto, si nota come la vittoria del SI emerga in modo forte soprattutto in alcuni quartieri, come il centro, Città alta e Loreto (per quanto riguarda i seggi afferenti al quartiere di Santa Lucia). In queste zone, il SI ha superato il 55%, arrivando a toccare il 59% nei seggi presenti in Colle Aperto. Non è un caso che dove i redditi sono più alti, la riforma del PD ha raccolto molto appoggio, anche da elettori che alle scorse elezioni avevano dato la propria preferenza all’avversario di Gori, Tentorio: è evidente dunque la capacità del sindaco di guadagnarsi anche il beneplacito dei ceti benestanti della città.
Non in tutta la città, comunque, il SI ha vinto: ancora una volta, sono i quartieri più periferici a rompere lo schema e a regalare inaspettatamente diverse vittorie al fronte del NO.
Si tratta di Grumello (che mostra addirittura il 57% di NO), Celadina, Villaggio degli Sposi, Colognola e Malpensata, dove l’effetto Gori svanisce e si registrano sorpassi più o meno netti dei contrari alla riforma.
Inoltre, il quadro si complica ulteriormente se si considerano i dati della provincia; qui si conferma la totale controtendenza rispetto alla città, con un risultato in linea con quello nazionale: 59,95% delle preferenze al fronte del No, 40,05% al SI.
Due dati sono significativi all’interno della provincia bergamasca: se da un lato la vittoria del No è spiegabile con un radicamento leghista ancora molto forte, dall’altro non può essere un caso che nei paesi a reddito più elevato, come Gorle, Scanzorosciate Mozzo e Lovere, si registrino significative vittorie del SI.
Sul piano cittadino, la tendenza è analoga; i quartieri più periferici e popolari, che due anni e mezzo fa avevano consegnato a Gori la vittoria come sindaco, ne decretano anche la sconfitta sul fronte politico più ampio: non un voltafaccia improvviso, ma più probabilmente la reazione ad un disinteresse della giunta comunale verso queste aree e chi le abita. Viene spontaneo pensare all’esempio più recente, quello degli allagamenti avvenuti al Villaggio degli Sposi in seguito ai forti temporali estivi.
Nonostante tutti gli appelli all’attenersi al merito della riforma, dunque, emerge fortemente l’evidenza che chi vota non può prescindere dalle condizioni di vita e dal contesto sociale ed economico in cui è inserito.
Se per la cattolica Bergamo la metafora della mosca bianca può dirsi azzeccata, Stalingrado in quanto periferia, con la sua importanza strategica nel passato, dovrebbe diventare un monito per la giunta.